Fotografia del Centro di Documentazione delle Nazioni Unite, Palazzo di Vetro, New York, USA, 25 ottobre 1971. Il vice Ministro degli Affari Esteri cinese Qiao Guanhua (a sinistra) e il delegato alla rappresentanza Huang Hua (a destra) gioiscono alla notizia che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la “risoluzione 2758”, riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese come unico rappresentante cinese presso le Nazioni Unite. Ne conseguì, chiaramente, l’estromissione della Repubblica di Cina, Taiwan per capirci.

Prendiamola alla lontana. Alla fine della guerra civile in Cina, nel 1949, la situazione si presentava ambigua. Da una parte c’era il Partito Comunista Cinese (PCC) guidato da Mao Zedong. Questo prese il controllo della Cina continentale e proclamò la Repubblica Popolare Cinese (RPC) il 1° ottobre 1949, con capitale Pechino. Dall’altra, il governo sconfitto del Kuomintang, capeggiato da Chiang Kai-shek, il quale si ritirò sull’isola di Taiwan. Dall’isola continuò a rivendicare la propria legittimità in quanto governo rappresentativo di tutta la nazione cinese.
Tale questione, abbastanza complicata di per sé, si riflesse anche in ambito internazionale. Per oltre 20 anni dopo la fine della guerra, fu proprio Taiwan a rappresentare ufficialmente la Cina presso le Nazioni Unite e, soprattutto, a detenere uno dei cinque seggi permanenti nel Consiglio di Sicurezza, con diritto di veto. Questo stato di cose si mantenne inalterato fino al 1971. Rispetto ai primi anni ’50, era tutto un altro mondo, con equilibri diversi e relazioni mutate.

Infatti fu nel corso degli anni ’60 che la posizione della Repubblica Popolare Cinese cominciò a rafforzarsi. Numerose nazioni equidistanti da Washington e Mosca, i cosiddetti Paesi “non allineati”, riconoscevano già Pechino come governo legittimo della Cina. A ciò si aggiungeva l’attivismo dell’Albania socialista. Essa agì assieme ad altri Stati membri, sostenendo con vigore la causa della Cina maoista all’interno dell’ONU. Fu proprio l’Albania che il 15 luglio 1971 presentò, con altri 16 Stati, una proposta di risoluzione che chiedeva l’espulsione dei rappresentanti di Chiang Kai-shek e il riconoscimento della RPC come l’unico legittimo rappresentante della Cina.
Cambiava irreversibilmente anche il clima geopolitico internazionale. Gli Stati Uniti, storici alleati di Taiwan, cominciavano a riconsiderare la propria posizione. Dopo decenni di rigidità ideologica, il presidente Richard Nixon e il suo consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger avviarono nel 1971 un graduale avvicinamento diplomatico con Pechino, culminato nel celebre viaggio di Nixon in Cina del febbraio 1972 (di cui si è discusso in separata sede). Questo riassetto della politica estera americana era motivato sia dalla volontà di isolare l’Unione Sovietica che dalla necessità di ridefinire i rapporti con il continente asiatico.

Ecco che il 25 ottobre 1971, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò la famosa risoluzione 2758. L’ONU l’approvò con 76 voti favorevoli, 35 contrari e 17 astenuti. Essa stabiliva (cito il testo per intero):
«L’Assemblea Generale,
Richiamando i principi della Carta delle Nazioni Unite,
Considerando che il ripristino dei diritti legittimi della Repubblica Popolare Cinese è indispensabile sia per la salvaguardia della Carta delle Nazioni Unite sia per la causa che l’organizzazione deve servire secondo la Carta, Riconoscendo che i rappresentanti del governo della Repubblica Popolare Cinese sono gli unici rappresentanti legittimi della Cina alle Nazioni Unite e che la Repubblica Popolare Cinese è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza.
Decide il ripristino di tutti i diritti della Repubblica Popolare Cinese e il riconoscimento dei rappresentanti del suo governo come gli unici legittimi rappresentanti della Cina alle Nazioni Unite, nonché l’espulsione immediata dei rappresentanti di Chiang Kai-shek dalle cariche che hanno illegalmente occupato presso le Nazioni Unite e tutte le sue organizzazioni.»

Pechino uscì dall’isolamento ed entrò nel cuore delle istituzioni globali. Pose così le basi per la sua futura ascesa come potenza mondiale, osservabile da noi comuni mortali del XXI secolo. La fotografia che ritrae Qiao Guanhua e Huang Hua non è solo la rappresentazione di una vittoria diplomatica, ma l’immagine di un nuovo capitolo della storia contemporanea.