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Foto del giorno: l'inospitale faro di Thrídrangaviti, Islanda

Foto del giorno: l’inospitale faro di Thrídrangaviti, Islanda

Fotografia di Árni Sæberg, faro di Thrídrangaviti, Islanda, 2009. Svetta su un faraglione basaltico il faro di Thrídrangaviti, al largo della costa sud islandese, nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico settentrionale. Da molti definito come il più “inospitale” e “remoto” faro del mondo; non bisogna essere chissà quanto perspicaci per comprendere il perché.

Foto del giorno: l'inospitale faro di Thrídrangaviti, Islanda

Questa fotografia, scattata a bordo di un elicottero nel 2009, mi permette di parlarvi di questo incredibile faro, situato nell’arcipelago di Vestmannaeyjar. Gli scatti che nel corso degli anni hanno avuto per oggetto la struttura sono assolutamente suggestivi, ma la sua storia forse lo è di più. Prima partiamo dall’etimologia: Thrídrangaviti (traslitterazione di Þrídrangaviti) significa “tre pilastri di roccia”. Il riferimento è ai tre scogli verticali che contraddistinguono questo paesaggio marino.

Sempre grazie alle fotografie contemporanee è possibile notare un dettaglio: in prossimità della torre d’avvistamento, si trova una piattaforma d’atterraggio. Questa è utilizzata dagli elicotteri per trasportare scorte, materiali o direttamente il guardiano. Oggi si arriva così sul faraglione, ma è un “lusso” tipicamente moderno. Sì, perché quando costruirono il faro di Thrídrangaviti, quasi ormai 87 anni fa, lo si fece avvalendosi di corde, picchetti, carrucole e fin troppo coraggio. I costruttori riuscirono a realizzarlo in meno di un anno, dal 1938 al 1939, senza l’ausilio di alcun macchinario. Si trattò di far salire o scendere i materiali in verticale lungo un pendio frastagliato di 37 metri sopra la superficie oceanica.

faro di Thrídrangaviti Islanda

L’ingegnere Árni Þórarinsson, responsabile della costruzione, ingaggiò per l’occasione esperti scalatori, che in un secondo momento sarebbero divenuti laboriosi operai. E attenzione, l’aggettivo “laborioso” non è messo lì a caso, giusto per rendere più pomposa un’operazione già di per sé proibitiva. Coloro i quali parteciparono alla costruzione del faro di Thrídrangaviti – per lo più provenienti dalle vicine Isole Vestmann – lo fecero scavando sulla nuda roccia vulcanica, cibandosi di uova di uccelli marini e rischiando la vita praticamente ogni giorno. Il tutto contornato da venti sferzanti che si aggirano sui 100 km/h per gran parte dell’anno e burrasche improvvise in grado di vanificare ogni sforzo in termini realizzativi.

L’ingegnere ha raccontato in seguito l’esperienza, descrivendola come una delle più provanti mai sperimentate. Egli afferma:

«La prima cosa che abbiamo dovuto fare è stata creare una strada fino alla scogliera. Abbiamo radunato degli alpinisti esperti, tutti provenienti dalle isole Vestmann. Poi abbiamo portato trapani, martelli, catene e morsetti per fissare le catene. Una volta arrivati ​​in cima non c’era modo di avere una presa sulla roccia, così uno di loro si è inginocchiato, il secondo si è messo sulla schiena e poi il terzo è salito in cima agli altri due ed è riuscito a raggiungere il punto più alto della scogliera. Non posso nemmeno dirti come mi sono sentito mentre assistevo a questa procedura incredibilmente pericolosa.»

faro di Thrídrangaviti foto d'epoca

Nell’autunno del 1939 i lavori poterono considerarsi conclusi. Un problema tutt’altro che trascurabile ritardò l’inaugurazione del faro: la Seconda guerra mondiale. L’impianto di illuminazione doveva essere fornito dalla Danimarca, la quale tuttavia si ritrovò presto sotto occupazione tedesca. Alla fine la questione si risolse nel luglio 1942, momento esatto in cui il faro di Thrídrangaviti entrò in funzione.

Un altro capitolo dedicato ai fari più curiosi e strani del mondo si è concluso. Non poteva essere altrimenti, dopo avervi raccontato del faro semovente o di quello romano, forse il più antico a noi pervenuto. Se non sapete di cosa sto parlando, vi invito a recuperare queste emozionanti storie!