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Foto del giorno: essere accusati di "seguire la linea capitalista" nella Cina di Mao

Foto del giorno: essere accusati di “seguire la linea capitalista” nella Cina di Mao

Fotografia di Li Zhensheng, Harbin, Repubblica Popolare Cinese, 1966. Lo staff del quotidiano The Heilongjiang Daily, dove lavorava il signor Li Zhensheng – l’autore dello scatto – accusava Luo Zicheng, capo di un gruppo di lavoro locale, di “seguire la linea capitalista” e “di opporsi al movimento di massa”.

Foto del giorno: essere accusati di "seguire la linea capitalista" nella Cina di Mao

Nella primavera del 1966 Li Zhensheng, che all’epoca aveva lavorato come giornalista presso l’Heilongjiang Daily, tornò dall’esilio forzato. Dopo un biennio trascorso nei campi, a stretto contatto con i contadini e con il lato più rurale della Cina comunista, fece ritorno nella città di Herbin, capoluogo della provincia Heilongjiang, la più settentrionale del Paese.

Ritornò giusto in tempo per vedere la Rivoluzione culturale infiammarsi, con la celeberrima “circolare del 16 maggio”. Il documento con il quale si criticò aspramente un rapporto intra-governativo reso pubblico nel mese di febbraio – quello in cui si segnalava l’esistenza di una corrente di pensiero borghese e “revisionista”, da affrontare con cautela e, cosa che fece saltare i nervi alla classe dirigente maoista, in ambito accademico. Con la circolare inoltre si invitava a “smascherare” le “tendenze reazionarie o borghesi” delle autorità che si opponevano al partito e al socialismo (quindi a Mao), descrivendone i responsabili come rappresentanti della borghesia infiltrati nelle istituzioni.

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Notando la mancanza di una documentazione imparziale su quanto stesse accadendo, le scorrerie delle Guardie rosse e l’irreperibilità di pellicole fotografiche, Li Zhensheng optò per uno stratagemma tanto pericoloso quanto remunerativo. Il fotoreporter simulò di fare parte delle temute Guardie rosse, cingendosi il braccio con un laccio di colore rosso. Improvvisamente, tutto gli fu permesso. Fu così che dal 1966 al 1968 riuscì ad immortalare i lati più oscuri della Rivoluzione culturale così come la intese Mao Zedong.

Tanti gli scatti, ognuno dei quali con una carica storico-emotiva di difficile misurazione. Tra le molteplici fotografie – alcune delle quali di una crudezza inaudita – ho scelto di approfondire quella in cui un gruppo di accoliti maoisti se la prende con uno dei dirigenti, nonché ex collega di lavoro di Li, dell’Heilongjiang Daily. Egli è solo, eppure lo circonda un foltissimo gruppo composto da uomini e donne. In lui si scorge una sorta di volontà, quella di ravvedersi dei propri errori. Silenzioso, testa bassa, accettazione del momento.

Poi c’è l’altra faccia della medaglia, quella dell’accusa, di chi sostiene che il povero Luo Zicheng sia un borghese infiltrato. Anzi, peggio, perché in lui s’identifica il nemico dello Stato, l’avversario mortale della collettivismo. Colui che pur di “seguire la linea capitalista” tradisce il Libretto rosso di Mao. E allora è giusto porgli sulla testa un copricapo fatto di carta, ed è giusto – secondo l’ideologia preminente nella Cina del tempo – che sul quell’accessorio vi siano inscritte le più infamanti calunnie: opposizione al movimento di massa.

seguire la linea capitalista fotografo Li Zhensheng

La maggior parte degli scatti di Li sono invisibili alla Cina odierna. Il libro del coraggioso fotografo, intitolato Red-Color News Soldier, è finito nella morsa della censura. Li Zhensheng è morto cinque anni fa (nel momento in cui scrivo), nel 2020, all’età di 80 anni. In una delle ultime interviste rilasciate, ha esplicitato una certa disillusione sul modo che la Cina ha di ricordare il passato relativamente più recente. Egli ha detto:

«Alcune persone mi hanno criticato, dicendo che sto lavando i panni sporchi di Pechino in pubblico. Ma la Germania ha fatto i conti con il suo passato nazionalsocialista. L’America parla ancora della sua storia di schiavitù. Perché noi cinesi non possiamo parlare della nostra storia?».