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Da centro religioso a gulag: la strana parabola del monastero di Solovki

Da centro religioso a gulag: la strana parabola del monastero di Solovki

Raccontare la storia del monastero di Solovki significa, indirettamente, esaminare secoli e secoli di storia russa. È molto semplice accorgersene, dato il filo rosso che lega il complesso monastico ai principali eventi della storia moscovita, zarista e infine comunista. Eventi e tendenze che hanno ridefinito ogni volta il ruolo dell’affascinante luogo affacciato sulle amene spiagge del Mar Bianco, nell’estremo nord della Russia europea, anche se fattivamente è parte della Carelia. Perciò non deve stupire la sistematica trasformazione storica del monastero, che è passato dall’essere centro religioso di primaria importanza per la galassia slava russofona, per poi divenire un cremlino (cittadella fortificata) e, infine, un campo di prigionia caro ai sovietici, dicasi gulag.

Da centro religioso a gulag: la strana parabola del monastero di Solovki

Data fondamentale per comprendere l’origine del monastero di Solovki è il 1436. La fondazione nominale dell’eremo è attribuita a Zosima, primo igumeno (una sorta di abate per le chiese ortodosse orientali) del monastero. Altrettanto degni di nota quando si parla della genesi del monastero sono i monaci Herman e Savvatiy. Ispirati dalle storie degli antichi asceti egiziani, i due, assieme a Zosima, scelsero le isole Solovki prossime al circolo polare artico per costruire un luogo di culto incentrato sulla riflessione, la silenziosa contemplazione cristiana e la dedizione monastica.

Nel giro di pochi decenni, il monastero si sviluppò, divenendo uno dei più influenti centri religiosi della Russia settentrionale. Attirò pellegrini, monaci, donazioni principesche e servì da modello per la colonizzazione russa delle regioni artiche. Fu nel Cinquecento che Solovki si consacrò definitivamente come centro culturale, economico e religioso di primo ordine. A testimoniarlo il fatto che fossero direttamente zar e patriarca, da Mosca, a nominare il responsabile del cenobio.

monastero di Solovki Zosima

Per tutto il XVI secolo Solovki si distinse altresì come frequentatissimo polo commerciale e invalicabile baluardo militare. I suoi possedimenti si estesero per centinaia di chilometri sulla terraferma, includendo villaggi, saline, mulini, miniere e foreste. I monaci gestivano attività commerciali con Arcangelo, Vologda e persino con la Scandinavia, raccogliendo pellicce, pesce, cera e grano. Fu anche in questi anni che vennero costruite le massicce fortificazioni in pietra: possenti mura larghe fino a 6 metri, torri difensive e bastioni. Un raro esempio di architettura militare monastica.

Dovettero servire eccome le spesse mura dell’eremo in occasione dello scisma interno alla Chiesa ortodossa russa, verificatosi nella seconda metà del XVII secolo. Il monastero di Solovki fu una delle roccaforti dei vetero credenti, ostili allo zar e per questo contrari ai dispositivi feudali che legavano il complesso monastico alla corte moscovita. Ne conseguì una vera e propria guerra, combattuta a suon di assedi, tra il monastero e lo zar Alessio I. La rivolta del monastero di Solovki del 1668-1676 si concluse con la sconfitta degli assediati, l’assoggettamento definitivo allo zar e il massacro di quasi tutti i ribelli. Dal 1676 iniziò una nuova fase per Solovki.

monastero di Solovki nel XVIII secolo

Volendo, si può definire questa stagione durata fino alla metà dell’Ottocento come quella “militare”. Data la sua collocazione geografica, il monastero svolse la funzione di fortezza difensiva di frontiera. Resistette con successo agli attacchi dell’Ordine Livoniano, degli svedesi, e addirittura degli inglesi nel pieno della guerra di Crimea. Fra il 6 e il 7 luglio del 1854 cannoniere britanniche fecero piovere piombo sul complesso fortificato affacciato sul Mar Bianco per oltre nove ore. Seppur danneggiata, Solovki sopravvisse.

monastero di Solovki guerra di Crimea

La funzione “militare” si accompagnò a quella “detentiva” più o meno negli stessi anni. Già dal regno di Pietro il Grande (1682-1725), primo imperatore autocrate di tutte le Russie, il monastero-fortezza perse parte del suo potere economico e commerciale. Le riforme statali ridussero il potere della Chiesa ortodossa e il monastero di Solovki fu lentamente trasformato in luogo di confino per prigionieri religiosi e politici. Tra i suoi detenuti si contarono dissidenti, eretici, ufficiali in disgrazia e intellettuali critici verso il regime. Nonostante ciò, rimase attivo come centro spirituale e pellegrinaggio. Il paesaggio nordico, austero e suggestivo, insieme alla fama dei suoi santi fondatori, attirava ogni anno migliaia di pellegrini.

L’anima carceraria non svanì con l’avvento della contemporaneità, anzi, si fece più aspra e brutale. Sì, perché il regime sovietico tramutò velocemente il monastero in un gulag. La metamorfosi cominciò nel 1920, quando i bolscevichi fecero irruzione nel complesso, cacciarono via i religiosi e fecero della cattedrale centrale un centro di comando logistico. Prima dell’apertura del campo di prigionia, Aleksandr Solzenicyn riportò nel suo celebre saggio d’inchiesta Arcipelago Gulag quale fosse lo stile di vita a Solovki prima della Rivoluzione d’Ottobre. Senz’altro un esistenza pacifica, umile, lenta e per questo serena. Tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento il registrò cambiò radicalmente. Solovki sarebbe stata per lo scrittore “la madre di tutti i gulag”.

Nel 1923, l’isola fu trasformata in SLON (acronimo per “Soloveckij Lager’ Osobogo Naznačenija”, “Campo di Solovki a destinazione speciale”), uno dei primissimi prototipi del sistema dei gulag sovietici. Vi furono internati migliaia di prigionieri politici: ex aristocratici, preti, monarchici, socialisti non allineati, studiosi, artisti, e semplici contadini colpevoli di “resistenza passiva”. Il campo era retto da una disciplina brutale e venne usato come esperimento per affinare i metodi repressivi che poi sarebbero stati esportati nello sconfinato reame dei gulag.

monastero di Solovki Gorkij

Il governo stalinista, cercando di ripulire Solovki dell’oscura fama nel frattempo guadagnata, creò ad hoc dei servizi di cinegiornale per dimostrare quanto “ordinaria” e priva di “fatica” fosse la vita dei lavoratori (per carità, mica internati…). Mosca inviò in loco l’intellettuale proletario Maksim Gor’kij nel tentativo di gettare buona luce sul campo. Quest’ultimo scrisse un saggio abbastanza criptico in merito: se da una parte elogiò il fascino naturalistico del luogo, dall’altra non fece chissà quali riferimenti alle condizioni di vita dei prigionieri politici. Forse lo stesso Gor’kij adottò una prospettiva di compromesso: non volle scontentare il regime sovietico e non volle, al contempo, raccontare bugie sulla vitaccia degli internati di Solovki.

monastero di Solovki memoria gulag

Nel 1939 il campo chiuse i battenti, poco prima dell’invasione tedesca della Polonia. Solovki divenne allora una base navale militare dell’Armata Rossa, funzione che mantenne fino al crollo dell’URSS. Con la fine del comunismo, Solovki ha vissuto una lenta ma profonda trasformazione. Negli anni ’90, la Chiesa ortodossa russa ha avviato il restauro del monastero, reinserendovi una piccola comunità monastica. Contemporaneamente, lo Stato russo ha promosso la memorializzazione delle vittime del gulag. Oggi il sito è meta sia di pellegrinaggio religioso che di turismo storico. Dal 1992 è inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, come esempio unico di architettura monastica medievale artica.