Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science ha rivelato che i monaci medievali erano soliti rilegare i libri da loro miniati a mano con pelli alquanto particolari. Sì, perché alcuni libri medievali provenienti da diverse abbazie europee sembra fossero rilegati con pelli di foca…
I monaci medievali rilegavano i libri con pelli di foca?

L’analisi del DNA non mente: la rilegatura di quei libri miniati medievali era realizzata con pelli di foche, cacciate nel XII e XIII secolo nell’Oceano Atlantico. Furono le popolazioni scandinave a cacciare e commercializzarle in Europa. Nel cuore del continente i monaci le acquistavano per farci le copertine dei loro libri miniati.
In realtà la cosa non dovrebbe stupirci più di tanto. Sappiamo già che questi antichi codici medievali erano scritti su fogli di pergamena realizzati con pelli animali, legati poi con legno, cuoio, corda o filo. Alcuni di questi libri avevano una seconda copertina protettiva (insomma, un po’ come facevamo noi alle elementari con i libri di scuola). Solo che, nella maggior parte dei casi, questa ulteriore copertina protettiva era realizzata con pelle di cinghiale o cervo.
Chi si sarebbe mai aspettato, però, che in alcuni casi i monaci usassero le pelli di foca? I ricercatori hanno iniziato la loro indagine nella Biblioteca dell’Abbazia di Clairvaux (Chiaravalle vi dice qualcosa?), nella regione di Champagne, in Francia. Qui sono ospitati 1.450 libri medievali, realizzati a mano dagli scrivi di questa abbazia cistercense.

I ricercatori hanno esaminato 19 libri, creati fra il 1140 e il 1275. Tramite la spettrometria di massa e l’analisi del DNA ecco che hanno scoperto come questi libri fossero tutti rilegati con pelle di pinnipedi, gruppo che comprende anche le foche.
Successivamente i ricercatori hanno trovato altri 13 libri analoghi provenienti da abbazie in Francia Inghilterra e Belgio, tutti datati fra il 1150 e il 1250 e tutti rilegati in pelle di foca. Restringendo la ricerca genetica, è saltato fuori che le pelli appartenevano tutte alle foche comuni, alle foche della Groenlandia o alle foche barbate. Gli esemplari provenivano da un’areale molto vasto che comprendeva Danimarca, Islanda, Scandinavia, Scozia e Groenlandia.
Élodie Lévêque, autrice principale dello studio ed esperta di restauro librario presso l’Università Paris 1 Panthéon-Sorbonne, ha spiegato a Live Science che i monaci ottennero queste pelli tramite il commercio o per via delle decime ecclesiastiche. In effetti, tutti i libri in pelle di foca furono realizzati in abbazie situate lungo le rotte commerciali europee, usate anche dai commercianti norvegesi.

Ci sta anche con le abitudini dei Cistercensi: amavano il bianco e la discrezione artistica, qualità che ben si adattano alla pelle di foca. I Benedettini, invece, prediligevano tonalità più scure.
C’è anche la possibilità, però, che i monaci non sapessero che le preziose pelli da loro usate per rilegare i libri derivassero dalle foche. Questo perché all’epoca, in Francia, non c’era una parola per definire questi animali.