Se siete stati nella capitale, passeggiando in zona Colosseo e Fori Romani, può essere che vi siate chiesti oziosamente che odore avesse l’antica Roma. Immaginate la folla accalcata nel Colosseo, il caos nel Foro Romano, la gente per strada e nei mercati, i legionari qua e là, gli animali per strada, le latrine, le fogne, gli artigiani che usavano urine e feci per scopi diversi… Mettete tutto questo insieme e non vi stupirete nel sapere che l’antica Roma non profumava esattamente di violette e lillà.
L’odore dell’antica Roma: un parfum tutto da scoprire

Ovviamente non potremo mai sapere esattamente quale fosse l’odore dell’antica Roma. Tuttavia, mettendo insieme quello che conosciamo della vita dell’epoca, possiamo supporre che molte zone della Roma antica fossero sporche e maleodoranti.
Partiamo dalle fogne: c’erano, ma erano più dei tombini che servivano a drenare l’acqua stagnante dalle zone pubbliche. Solitamente i proprietari di case e terre non collegavano i loro bagni alle fogne. Questo perché avevano paura dei cattivi odori e delle possibili incursioni di topi e ratti.
Pratica comune da parte di determinati artigiani, poi, era quella di raccogliere l’urina dalle latrine (sia pubbliche che private) e usarla per lavorare i tessuti. C’era chi raccoglieva le feci per usarle come fertilizzanti, chi gettava il contenuto di vasi da notte nelle fosse biologiche, ma tutti questi metodi di smaltimento dei rifiuti erano riservati a chi viveva in una casa di un certo livello.
Molti Romani indigenti, infatti, vivevano in piccole case non corredate di latrine. E parecchi vivevano per strada o in spazi che non potevano definirsi “case”, dunque sprovvisti di qualsiasi comfort.

C’erano animali che transitavano regolarmente per le strade (cavalli di nobili e soldati, animali da compagnia, bestiame portato in città per la macellazione o la vendita…), urinando e defecando dove si trovavano, ma c’erano anche gli animali come muli o asini usati dai panifici per far girare le loro macine in pietra lavica. E tutti questi animali producevano deiezioni.
E ancora: lo smaltimento di cadaveri, sia umani che animali, non era proprio del tipo convenzionale. Le classi sociali più abbienti avevano riti funebri, ma le classi più povere spesso lasciavano all’aperto di cadaveri, senza che questi venissero cremati o sepolti. Non era infatti infrequente nell’antica Roma trovare dei cadaveri in decomposizione in giro per strada. C’è persino una famosa storia di Svetonio che racconta di un cane che, una volta, portà una mano umana mozzata alla tavola da pranzo dell’imperatore Vespasiano.
Con queste insane abitudini, ecco che divenne prassi nelle città romane collocare delle “pietre miliari” lungo le strade. Le si possono vedere bene a Pompei: probabilmente servivano anche per aiutare le persone ad attraversare la strada non solo per non bagnarsi i calzari in caso di pioggia, ma anche per evitare loro di inzaccherarsi con i detriti che ricoprivano la pavimentazione stradale.
Mettete tutto questo insieme e capirete bene che l’odore dell’antica Roma non fosse proprio idilliaco. Per cercare di ovviare al problema, negli antichi testi troviamo ricette per preparare dentifrici e deodoranti. Solo che spesso questi deodoranti dovevano essere mangiati e non applicati sul corpo.
Anche le terme romane, forse, non avevano poi standard igienici così elevati. O meglio: non così elevati se equiparati a oggi. Considerate che in una piccola vasca di un bagno pubblico ci stavano da otto a dodici persone. I Romani conoscevano il sapone, ma di solito non lo usavano per l’igiene personale. Preferivano usare l’olio di oliva o oli profumati applicati sulla pelle e raschiati via con lo strigile, uno strumento ricurvo in bronzo.
Una volta finito di fare questa sorta di scrub oleoso, ecco che i residui di sporco, pelle e olio finivano nella vasca. Che era dotata di scarichi, ma contando che acqua e olio non si mescolano, è possibile che quest’acqua non fosse l’epitome della pulizia.
Certo, c’erano i profumi e gli incensi preparati mescolando grassi animali e vegetali con aromi di rosa, cannella, iris e zafferano. E a Roma c’erano anche magazzini di conservazione delle profumate spezie, soprattutto pepe, cannella e mirra.

Questi profumi andavano a sommarsi agli odori visti prima, creando un parfum che era un mix di rifiuti umani, fumo di legna, putrefazione, decomposizione, urina, feci, carne cotta, cibo cucinato, profumi, incensi e tanto altro ancora.
Anche se descritto così sembra un olezzo terribile, pare che i Romani all’epoca non si lamentassero poi troppo. Probabilmente il loro olfatto si era così abituato a quell’odore che ormai non ci facevano neanche più caso.