Almanacco del 23 agosto, anno 1305: davanti la corte di Westminster Hall, a Londra, William Wallace viene giudicato traditore. In quanto tale, lo attende la pena capitale: morte per impiccagione e squartamento. Quel 23 agosto 1305 ha fine la vita terrena dell’eroe nazionale scozzese per antonomasia. Il mito continuerà a vivere nella memoria della terra che un tempo fu degli Scoti.

Due parole per dare un contesto alla morte di William Wallace. Alla fine del XIII secolo la Scozia si trovò in una delle sue fasi più turbolente. La morte accidentale di re Alessandro III nel 1286 aprì una crisi dinastica che lasciò il regno senza eredi diretti. La corona passò formalmente alla nipote Margherita di Norvegia, una bambina di tre anni che non mise mai piede in Scozia, perché morì durante il viaggio verso il suo nuovo regno nel 1290. Con lei scompariva l’ultima erede della dinastia regnante, e la nobiltà scozzese, spaccata da rivalità e ambizioni personali, dovette cercare un nuovo sovrano.
Fu allora che entrò in scena Edoardo I d’Inghilterra, un monarca energico e deciso a piegare la Scozia al suo potere. Sfruttando le divisioni interne, impose come re il candidato più debole, John Balliol, che subito dovette giurargli fedeltà. Quando però Balliol tentò di sottrarsi all’influenza inglese avvicinandosi alla Francia, Edoardo reagì con durezza: nel 1296 marciò in Scozia, depose il re, lo fece prigioniero a Londra e trasferì in Inghilterra anche la Pietra di Scone, simbolo secolare della monarchia scozzese.

In questo scenario di oppressione e disillusione, cominciò a emergere la figura di William Wallace. Non era un grande aristocratico, ma il figlio cadetto di un piccolo proprietario terriero dell’Ayrshire. Secondo alcune tradizioni, fu educato da uno zio sacerdote e acquisì una forte sensibilità per i valori della libertà e della giustizia. Quel che è certo è che, a partire dal 1297, guidò le prime rivolte locali contro gli ufficiali inglesi.
Era l’inizio della leggenda. Wallace, alla testa di contadini e ribelli, riuscì a infliggere duri colpi agli inglesi, mentre al nord un altro capo scozzese, Andrew de Moray, sollevava le campagne. I due unirono le forze e ottennero la loro più grande vittoria: la battaglia di Stirling Bridge (1297). L’esercito inglese, bloccato sul ponte di legno mentre attraversava il fiume Forth, conobbe il massacro. Migliaia di uomini caddero sul campo e il tesoriere reale Hugh de Cressingham venne ucciso e persino scorticato dai ribelli. Wallace uscì da quella vittoria come eroe popolare e, fatto insolito per un uomo non appartenente all’alta aristocrazia, venne proclamato Guardiano di Scozia, di fatto capo del governo in nome del deposto Balliol.

Un momento di gloria altissimo, penserete, ma di effimera durata, purtroppo per i riottosi scozzesi. Nel 1298 il re d’Inghilterra guidò personalmente un nuovo esercito contro di lui. Wallace lo attese nei pressi di Falkirk. Non ci fu storia, troppo il divario fra le forze in campo. L’eroe scozzese dovette battere in ritirata senza più un seguito armato. Dopo la batosta di Falkirk perse la reggenza del governo scozzese – in favore degli altrettanto noti Robert Bruce e John Comyn – ma non smarrì la voglia di combattere. Infatti continuò a dare filo da torcere alle truppe di Edoardo I sottoforma di guerriglia pianificata.
In questi primi anni del XIV secolo cercò l’appoggio estero, ma nessuno rispose favorevolmente al suo appello. Tornato in Gran Bretagna, si arrese all’idea di essere un uomo braccato. L’astro di William Wallace aveva i giorni contati. Nel 1305 un cavaliere scozzese doppiogiochista, fedele alla corte reale di Londra, tradì Wallace. Significò prigionia e processo. A fare da teatro la corte di Westminster Hall, nella capitale del Regno d’Inghilterra.

Una tradizione attestata dalle cronache cittadine riferisce che, per scherno, gli posero sul capo una corona d’alloro durante l’udienza. La stessa Westminster Hall ricorda l’evento con una targa che precisa giorno e luogo del dibattimento. La difesa attribuita a Wallace fu quella di non poter essere “traditore” perché non aveva mai prestato omaggio personale a Edoardo I. L’impianto della difesa non resse e l’accusa prevalse. Il giudizio dei magistrati fu netto: William Wallace era un traditore e come tale doveva morire.
Il 23 agosto 1305 i carnefici di re Edoardo condussero Wallace all’Elms di Smithfield, davanti al priorato di St Bartholomew. Luogo centrale e per questo affollatissimo. Tutti dovevano vedere, tutti dovevano ascoltare. Trascinato lungo il tragitto, i giustizieri lo impiccarono per poi squartarlo. Fatto a pezzi, gli inglesi esposero la testa mozzata prima sul vecchio London Bridge. Si offrirono le membra alla vista pubblica nelle principali città del regno: Newcastle-upon-Tyne, Berwick-upon-Tweed, Perth e Stirling.