Fotografia di John McConnico, Porto Rico, settembre 1996. Miguel Ariel Rodríguez (a sinistra) e José Luis de León (a destra) mettono in salvo Cassandra, una bambina portoricana di appena un anno. Tutti e tre i soggetti della fotografia sono state vittime di un cataclisma incontrollabile, di una forza naturale spaventosa e ciclica, di un qualcosa di talmente tanto grande da restare inermi. Eppure loro, Miguel e José, inermi non furono, credendo nella forza della vita e scansando, almeno per quella volta, l’orrore della morte.

L’uragano Hortense si formò il 3 settembre 1996 come una normale tempesta tropicale nell’Atlantico, ma nel giro di pochi giorni crebbe d’intensità, raggiungendo venti che superavano i 120 km/h. Quando toccò Porto Rico, il 10 settembre, l’isola fu investita da piogge torrenziali che causarono inondazioni improvvise, frane e distruzioni diffuse. Le zone più colpite furono quelle meridionali, tra cui Guayama, dove scorre il fiume Guamani.
L’acqua, che in poche ore superò i livelli storici, sommerse interi villaggi, spazzando via case e ponti. In quel caos di fango e detriti, la famiglia Gómez rimase intrappolata nella propria abitazione sulle rive del fiume. Dei nove membri presenti, solo cinque riuscirono a salvarsi. La madre di Cassandra e tre dei suoi fratellini persero la vita, travolti dalle acque.
Fu in questo scenario apocalittico che Rodríguez e De León, due residenti del posto, si offrirono volontari per aiutare nei soccorsi, rischiando la vita per salvare la bambina rimasta bloccata insieme ad altri membri della famiglia. La scena immortalata da John McConnico documenta l’istante in cui i due uomini, imbracati e aggrappati a una fune, riescono finalmente a trarla in salvo.

Dal punto di vista visivo, la fotografia è una composizione straordinariamente intensa. I colori fangosi del fiume – giallo, marrone, rosso – si mescolano con il bianco candido del vestitino della bambina, che diventa simbolo di innocenza e vulnerabilità in mezzo alla violenza della natura. Il corpo teso di José Luis, che stringe la piccola con una mano mentre con l’altra si aggrappa alla corda, e quello di Miguel Ariel, che lo sostiene da dietro, costruiscono una diagonale visiva che trasmette movimento e tensione drammatica.
La fotografia è la testimonianza di un salvataggio. È un racconto visivo di solidarietà e coraggio umano in un contesto di tragedia collettiva. La potenza emotiva della fotografia valse a John McConnico il World Press Photo Award 1997, nella categoria “Children’s Award”, dedicata alle immagini che meglio rappresentano il destino dei bambini nel mondo. Tuttavia, ciò che rese la vicenda ancora più significativa fu la scelta del fotografo di spostare l’attenzione dai meriti dell’autore ai protagonisti dello scatto.

Come raccontò lui stesso, quando seppe della vittoria si trovava in Perù per seguire la crisi degli ostaggi nella residenza dell’ambasciatore giapponese a Lima. Ma ciò che lo colpì di più non fu il riconoscimento professionale, bensì la reazione che la sua immagine suscitò a Porto Rico. La foto divenne infatti un simbolo nazionale di speranza e coraggio. Il governatore Pedro Rosselló celebrò i due uomini. Nel suo discorso di Stato, trasmesso in diretta televisiva, pianse mentre li definiva “i più coraggiosi residenti di Porto Rico”.
McConnico sottolineò come questo episodio rappresentasse un raro momento di restituzione etica nel fotogiornalismo. Per una volta non era il fotografo a ricevere la gloria, ma le persone comuni che avevano compiuto un gesto di straordinario altruismo. Come egli stesso dichiarò “restituire qualcosa alle persone che fotografiamo è, che ci crediate o no, una sensazione migliore che scattare la foto stessa”.




