Almanacco del 25 settembre, anno 1066: a pochi passi dal villaggio di Stamford Bridge, nello Yorkshire orientale, avvenne la storica battaglia in cui si fronteggiarono l’esercito inglese sotto la guida di Harold Godwinson – se preferite, Aroldo II d’Inghilterra – e una forza d’invasione norvegese comandata da Harald III Sigurdsson, il re di Norvegia, anche noto come Harald lo Spietato. L’evento del 25 settembre 1066 è ricordato come l’atto ultimo dell’era espansionistica vichinga in Inghilterra. Questa prospettiva storiografica tuttavia non combacia perfettamente con la realtà; nel corso dell’articolo cercheremo di capire perché.

Il 25 settembre 1066 si scrisse una delle pagine storiche più significative dell’Inghilterra medievale e, in egual misura, dell’Europa dopo l’anno mille. I protagonisti ve li ho anticipati, ma è utile ai fini della comprensione storica ripetere chi fossero e perché quel giorno di settembre dell’XI secolo decisero di incrociare spade e asce. Da un lato vi era il re anglosassone Harold II Godwinson, fresco di incoronazione e impegnato a difendere il proprio regno da nemici esterni; dall’altro, il leggendario sovrano norvegese Harald Hardråde (in lingua norrena “duro consiglio”), alleato con Tostig Godwinson, fratello esiliato di Harold e deciso a vendicarsi del torto subito. Attenzione a non confondere Harold con Harald, perché è un attimo che si cade nello scompiglio.
Le origini della battaglia affondano nella crisi di successione apertasi alla morte di Edoardo il Confessore (gennaio 1066). Il regno inglese, privo di eredi diretti, divenne oggetto delle mire di diversi pretendenti: Harold Godwinson, eletto dal Witenagemot (il consiglio della corona) e sostenuto dalla nobiltà sassone; Guglielmo, duca di Normandia, che rivendicava una promessa di successione; e infine Harald Hardråde, re di Norvegia, ultimo grande condottiero della tradizione vichinga.
Convinto che l’Inghilterra spettasse di diritto agli scandinavi, Harald radunò una vasta flotta. Le cronache parlano di circa 200 o 300 navi, con un esercito stimato tra i 7.000 e i 9.000 uomini. A lui si unì Tostig Godwinson, fratello ribelle di Harold, che l’anno precedente era stato cacciato dalla contea di Northumbria e vedeva nell’appoggio norvegese l’occasione per riconquistare potere.

Sbarcati a settembre, i norvegesi risalirono il fiume Ouse. Il 20 settembre 1066 inflissero una dura sconfitta agli anglosassoni del nord, guidati dai conti di Mercia e di Northumbria, nella battaglia di Fulford. York si arrese, fornendo ostaggi e rifornimenti agli invasori, che si ritirarono a Riccall in attesa di consolidare il loro dominio.
Nel frattempo, re Harold era rimasto a sud, pronto a respingere l’atteso attacco normanno. La notizia dell’invasione norrena lo costrinse a una decisione fulminea. Con il suo esercito marciò verso nord, coprendo in soli quattro giorni i quasi 300 km che separavano Londra dallo Yorkshire. Accompagnato dai suoi huscarli (mercenari scandinavi) e dai thegn locali (funzionari di corte), il re anglosassone riuscì a sorprendere i nemici proprio mentre attendevano nuovi ostaggi a Stamford Bridge.
Secondo le saghe, alla vigilia della battaglia del 25 settembre re Harold II si presentò sotto mentite spoglie dinanzi al campo nemico e offrì a Tostig la riconciliazione. Alla domanda su cosa avrebbe concesso al re di Norvegia, rispose con parole sprezzanti: «sette piedi di terra inglese, perché è più alto degli altri uomini». Una battuta davvero fine quella del caro buon vecchio Aroldo. Sette piedi sotto il terreno inglese dovevano bastare per una degna sepoltura… Comunque, solo allora rivelò la propria identità, lasciando i nemici attoniti.

L’attacco inglese fu fulmineo, ma il ponte di legno che dava nome al villaggio divenne un punto strategico. Le cronache raccontano che un guerriero norvegese armato d’ascia riuscì da solo a tenere testa agli assalitori, abbattendone decine. Questo finché un soldato sassone non lo colpì da sotto le travi con una lancia, ponendo fine alla sua resistenza (forse leggendaria).
Superato l’ostacolo, gli anglosassoni irruppero in massa e ingaggiarono i norvegesi in campo aperto. Ma i vichinghi erano svantaggiati, perché avevano lasciato le armature alle navi a causa del caldo insolitamente intenso di settembre. Per ore lo scontro si protrasse tra muri di scudi e cariche sanguinose, finché una freccia non colpì alla gola Harald lo Spietato, decretando il crollo del morale scandinavo. Anche Tostig cadde poco dopo, travolto dal furore degli anglosassoni.
Un ultimo contingente, guidato da Eystein Orre, genero di Harald, giunse dal campo navale e lanciò un disperato contrattacco, ricordato come la “tempesta di Orre”. Ma, stremati dalla corsa e schiacciati dal numero, i norvegesi furono infine annientati.

La disfatta fu catastrofica. Delle centinaia di navi giunte in Inghilterra, appena 24 bastarono a riportare in patria i sopravvissuti. L’accordo concluso con Harold permise loro di ritirarsi alle Orcadi e in Norvegia, ma la spedizione di Harald segnò la fine “formale” del sogno scandinavo di dominare l’Inghilterra. Mentre sul piano informale, altre incursioni, anche abbastanza violente, si verificarono eccome. Si citino quelle del re danese Sweyn II Estrithson nel 1069-1070 e quelle del re Magnus III di Norvegia nel 1098 e nel 1102-1103.
Eppure, la vittoria di Stamford Bridge ebbe un costo altissimo per Aroldo. Tre giorni dopo, il 28 settembre, un Bastardo della Normandia sbarcava nel Sussex. Il re anglosassone dovette marciare di nuovo, questa volta verso sud, senza concedere tregua ai suoi uomini. Il 14 ottobre, ad Hastings, l’esercito logorato non resse all’urto normanno. Harold cadde in battaglia e con lui crollò il regno che fu degli angli e dei sassoni. Il resto della storia lo conosciamo bene, vero?