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Foto del giorno: consegnare soba nel Giappone degli anni '50

Foto del giorno: consegnare soba nel Giappone degli anni ’50

Fotografia di anonimo, Tokyo, Giappone, anni ’50. Un giovane e sorridente fattorino consegna soba in bicicletta lungo la Meguro-Dori di Tokyo. Osservando questa fotografia ci si trova davanti a una scena quotidiana, è vero, ma altresì straordinaria agli occhi di un pubblico occidentale. Spicca la figura di un fattorino che avanza in bicicletta per le strade cittadine. Il suo è un largo sorriso, ma a colpire è l’altissima torre di vassoi equilibrata sulla spalla. È l’immagine viva del demae, l’antico servizio di consegna a domicilio che, da tradizione riservata ai ricchi signori feudali del XVIII secolo, nel Novecento era ormai diventato parte integrante della vita urbana.

Foto del giorno: consegnare soba nel Giappone degli anni '50

Questi uomini, chiamati appunto demae, incarnavano un’arte particolare, tradizionalmente nipponica. Pedalare a quanto possa essere complicato pedalare in mezzo al traffico cittadino mantenendo in equilibrio pile di ciotole bollenti, destinate a saziare un numero crescente di consumatori. Il sottoscritto sbanderebbe alla prima curva, causando un disastro imbarazzante.

Con l’industrializzazione e la rapida urbanizzazione del Giappone, i sistemi alimentari si specializzarono per seguire i ritmi della città moderna, e i fattorini diventarono figure familiari, simboli di un’epoca di transizione.

soba fattorino in bici

Il piatto che più spesso trasportavano era il soba, i tradizionali spaghetti di grano saraceno, serviti caldi in brodo o freddi con salsa. Economici, nutrienti e facilmente trasportabili, i soba erano apprezzati tanto dalle classi popolari quanto dai ceti più abbienti. La loro diffusione aveva radici lontane, nel periodo Tokugawa (1603-1868), quando a Edo – l’attuale Tokyo – quasi ogni quartiere poteva contare su una soba-ya, una locanda che serviva non solo noodles ma anche sakè, veri e propri punti d’incontro paragonabili ai caffè europei.

Non si trattava solo di gusto, ma anche di salute. In una città come Edo, dove il consumo di riso bianco raffinato aveva reso diffusa la malattia del beriberi, la farina di grano saraceno dei soba (che ricordiamo essere ricca di tiamina) rappresentava un antidoto naturale. Mangiare soba significava dunque non solo nutrirsi, ma anche prevenire un male che colpiva soprattutto le classi urbane più agiate.

soba fattorino Giappone

La foto ci restituisce anche la dimensione della sfida, e che sfida! Non a caso, negli anni ’60 le autorità di Tokyo iniziarono a discutere se vietare questa pratica, considerata pericolosa per la sicurezza stradale. Nel 1961 vennero introdotte restrizioni alla circolazione dei ciclisti, ma con un compromesso curioso. La polizia ammise che un divieto severo avrebbe distrutto l’attività di questi fattorini, capaci di consegnare metà degli ordini cittadini. Perciò chiuse un occhio sul traffico “illegale” dei demae.

Oggi, questo metodo di consegna è scomparso, soppiantato da moto e scooter. Ma resta nel ricordo collettivo come un simbolo di un Giappone in piena trasformazione. Il soba continua a essere uno dei piatti più rappresentativi del Paese e la prefettura di Nagano, con i suoi terreni vulcanici e il clima ideale, è diventata il cuore della produzione. Qui si coltiva, si macina e si lavora il grano saraceno, dando vita ai celebri shinshu soba. Questi ancora oggi si fregiano di un marchio di qualità e sono protagonisti di attività culturali, come i corsi di taglio manuale della pasta.