Un titolo facile facile per l’argomento di cui discuteremo sarebbe stato “Madame Blavatsky tra mito, occultismo e frode”. Perché in effetti i tre fattori, volente o nolente, riassumono alla perfezione la biografia di questa figura, una delle più emblematiche e ovviamente controverse del secolo decimottavo. Eh già, Helena Petrovna Blavatsky, nata Eléna Petróvna von Hahn sulle sponde del Dnepr nel 1831, in vita ha fatto molto discutere di sé, lasciando che il suo nome venisse associato alle sfere dell’esoterico, del celato, ma anche della truffa e del poco di buono. Vorrei tanto dire che la verità si trovi – come spesso accade – nel mezzo, ma in questo caso sarò di parte, in quanto mi è impossibile tradire la mia stessa vena razionalista e scettica e la mia ostinata opposizione alle pseudoscienze.

Nata la notte tra il 30 e il 31 luglio 1831 (12 agosto secondo il calendario giuliano adottato nella Russia zarista), i genitori vollero far battezzare Helena d’urgenza a causa delle sue condizioni di salute fragili. Una tradizione popolare russa voleva che i nati in quella data, la notte di San Giovanni, fossero dotati di poteri soprannaturali. Poteri in grado di controbattere la tentazione del malefico.
Suo padre, il colonnello Peter von Hahn, apparteneva alla nobiltà russo-tedesca (classe dominante nell’autocrazia dei Romanov). Mentre sua madre, Helena Fadeyeva, era una romanziera di successo appartenente alla famiglia Dolgorukov. Rimasta orfana di madre a 11 anni, Helena crebbe in un ambiente aristocratico colto, popolato da figure di spicco. Giusto per citarne tre di numero: la sorella Vera scriveva romanzi di occultismo. La nonna Helena Dolgorukov era una botanica nota. Ah, suo cugino, Sergei Witte, sarebbe diventato primo ministro sotto Nicola II.
A 17 anni sposò il vicegovernatore di Erevan, Nikífor Blavatsky, molto più anziano di lei. Il matrimonio, mai consumato secondo la sua versione, durò appena tre mesi. Helena fuggì a cavallo per tornare a vivere con il nonno.

In seguito raccontò di aver intrapreso una serie di viaggi straordinari, toccando Egitto, Grecia, Turchia e infine il Tibet, allora quasi inaccessibile agli occidentali. Qui, a suo dire, sarebbe entrata in contatto con antichi maestri spirituali, i mahatma, che custodivano conoscenze segrete. Tra le figure ricorrenti nelle sue narrazioni spicca il misterioso “Maestro Morya”. Costui era un iniziato orientale che, secondo lei, le appariva in sogno fin dall’infanzia e che avrebbe incontrato realmente a Londra nel 1851.
Molti storici e ricercatori hanno però dubitato della veridicità di questi racconti. Il celebre smascheratore di fenomeni paranormali James Randi (sul quale vorrei tanto dedicare un approfondimento, segnatevelo), per esempio, sottolineò che negli anni in cui Blavatsky sosteneva di vivere esperienze mistiche, in realtà svolgeva mestieri ordinari come insegnante di pianoforte, cavallerizza da circo o assistente di un medium, da cui avrebbe appreso trucchi da spettacolo utili a simulare apparizioni e fenomeni spiritici.

Nel 1871 fondò al Cairo la Società Spiritista, presto travolta da scandali finanziari e sciolta. Nessun problema, Madame Blavatsky era tanto tenace da non demordere. Trasferitasi negli Stati Uniti nel 1873, incontrò l’avvocato Henry Steel Olcott, con il quale condivise l’idea di una religione universale capace di superare la frattura fra scienza e fede. Nel 1875 nacque così la Società Teosofica, con sede in India, nella città di Adyar.
Grazie alla forza dei suoi libri e al fascino delle sue conferenze, la teosofia conquistò seguaci in tutto il mondo. Faceva parte della lista un tizio di nome Thomas Edison, non so se lo conoscete. Tuttavia, le accuse di frode non tardarono: nel 1885 la Società per la Ricerca Psichica dichiarò le sue attività “fraudolente”, costringendola a lasciare l’India. Solo un secolo dopo l’organizzazione avrebbe riconosciuto la parzialità e l’inadeguatezza dei metodi investigativi usati allora.

Nonostante i sospetti, la teosofia continuò a diffondersi anche dopo la sua morte, avvenuta per influenza a Londra, nel 1891. Curiosamente, la dottrina teosofica influenzò anche figure del nazionalsocialismo tedesco, attratte dalle sue visioni mistiche e dal richiamo a una sapienza ariana di origini orientali.
Al di là di tali derive, il pensiero di Blavatsky esercitò un’influenza duratura sulla cultura occidentale. Lo scrittore messicano Mauricio-José Schwarz ha osservato che la sua opera costituì un punto di partenza per la controcultura degli anni ’60 e per il movimento New Age.

La sua strategia era fondata su un “doppio pensiero”. Detta in spiccioli, ella rifiutava la scienza quando contraddiceva la sua cosmologia (come nel caso del darwinismo), ma al tempo stesso si appropriava di specifici elementi quando potevano legittimare la sua costruzione esoterica.