Almanacco del 1° settembre, anno 392 a.C.: a seguito della conquista di Veio, Marco Furio Camillo scioglie il voto precedentemente contratto in nome della dea Giunone, dunque fa erigere un tempio a lei dedicata sul colle Aventino, a Roma. Il luogo di culto, noto all’epoca come tempio di Giunone Regina sull’Aventino, venne consacrato il 1° settembre del 392 a.C.

La consacrazione del tempio di Giunone Regina sull’Aventino non fu un semplice rito religioso, ma un atto politico e simbolico che racchiudeva in sé il senso stesso della vittoria di Roma su Veio, la sua più antica e temibile rivale etrusca.
Per comprendere il peso di quell’evento, bisogna fare un passo indietro. Roma e Veio coltivavano una rivalità estesa nei secoli. Almeno dalla metà dell’VIII secolo le due città potevano dichiararsi in aperta ostilità. Ma a cavallo fra V e IV secolo a.C. il vento di guerra soffiò più forte che mai.
Veio era una delle città etrusche più potenti, situata a nord del Tevere, ben fortificata e ricca. Rappresentava un ostacolo costante all’espansione romana nel Lazio e nell’Etruria meridionale. Quest’ultima fase del conflitto plurisecolare iniziò nel 407 a.C. Roma introdusse, proprio in quegli anni, una novità rivoluzionaria, ossia lo stipendio fisso per i soldati (stipendium). Serviva al mantenimento di un esercito permanente sotto le mura di Veio durante lunghi assedi.

La figura centrale di questa vicenda fu Marco Furio Camillo, destinato a entrare nella memoria collettiva come il “secondo fondatore di Roma”. Camillo, nominato dittatore nel 396 a.C., condusse l’assedio finale con grande abilità militare, riuscendo a entrare nella città grazie a un colpo d’ingegno. Fu lui ad ordinare lo scavo di cunicoli sotterranei sotto le mura, grazie ai quali i Romani sarebbero penetrati direttamente all’interno di Veio.
Ma prima della conquista, Camillo aveva compiuto un gesto che testimonia la mentalità religiosa e politica dei Romani: fece voto a Giunone Regina, la divinità tutelare di Veio, promettendo che, se Roma avesse conquistato la città, le avrebbe dedicato un tempio sull’Aventino. L’atto aveva un duplice significato. Anzitutto mostrava la devozione ai numi e il desiderio di propiziarsi la dea. Poi si inseriva in una pratica molto cara al mondo romano, quella della evocatio deorum, cioè l’evocazione delle divinità protettrici di una città nemica.
Come funzionava? Beh, i Romani invitavano la divinità ad abbandonare la comunità sconfitta e a trasferirsi a Roma, promettendole un culto ancora più grande e onori maggiori. In questo modo non solo si privava il nemico della sua protezione divina, ma si arricchiva il pantheon romano di nuove forze spirituali. La pratica cultuale si lega al concetto di guerra giusta (bellum iustum) trattato in separata sede in tempi non sospetti.

Tornando a noi, la leggenda – raccontata da Tito Livio e Plutarco – vuole che la statua lignea della dea, posta nel tempio di Veio, avesse persino “acconsentito” al trasferimento. Quando i soldati romani, sotto ordine di Camillo, chiesero a Giunone se volesse andare a Roma, la statua avrebbe risposto con un lieve sorriso o avrebbe inclinato il capo, come segno della sua approvazione. Naturalmente, è un racconto che appartiene al registro mitico (e legittimatorio-propagandistico romano).
Dopo la caduta di Veio, Camillo mantenne la promessa. La statua di Giunone Regina fu portata a Roma in una processione solenne, e pochi anni più tardi, il 1° settembre del 392 a.C., il corpo sacerdotale la consacrò sull’Aventino, all’interno del suo nuovo tempio. Sì, ma perché proprio l’Aventino? Si trattava mica di una scelta figlia del caso? Ovvio che no. L’Aventino era il colle che ospitava culti legati alle comunità plebee e ai rapporti tra Roma e il mondo esterno. Qui Giunone, non più dea etrusca, diventava parte integrante del culto romano. Un percorso che tante altre divinità avrebbero intrapreso nei secoli a venire.

La cerimonia di consacrazione del 1° settembre 392 a.C., compiuta secondo i riti tradizionali, suggellava così non solo la vittoria militare, ma anche l’assimilazione simbolica di Veio entro l’orbita di Roma. Dopo il 392 a.C., il tempio di Giunone Regina rimase a lungo un luogo di culto significativo, anche se non raggiunse la centralità di altri santuari capitolini. Sappiamo che più tardi Augusto lo restaurò, e che le sue colonne furono riutilizzate nel V secolo all’interno della basilica di Santa Sabina, dove ancora oggi si possono ammirare.