Storia Che Passione
Accadde oggi: 18 maggio

Accadde oggi: 18 maggio

Almanacco del 18 maggio, anno 1944: sulle note dell’Hejnał (la “chiamata a raccolta” militare polacca d’epoca medievale) si conclude la battaglia di Cassino, causa di distruzione della celebre abbazia, del sottostante abitato e della morte di decine di migliaia di uomini, donne, anziani e bambini. Termina in quel 18 maggio del 1944 uno dei più intensi scontri della Campagna d’Italia, nel drammatico contesto della Seconda guerra mondiale.

Accadde oggi: 18 maggio

La confusione regnava sovrana nell’Italia del 1943. Confusione accompagnata da un senso di spaccatura, frazionamento e divisione. Sì, perché il Paese diviso lo era davvero, in due blocchi contrapposti, dalla quale frizione scaturì una delle fasi più cruente della Seconda guerra mondiale. Esattamente in quest’ordine si erano concretizzati i disastrosi esiti della guerra iniziata dal regime dittatoriale italiano, lo sbarco alleato in Sicilia, l’Ordine del giorno Grandi del 25 luglio ’43 e la destituzione del Duce, l’armistizio di Cassibile e il mutamento della posizione dell’Italia, che da affiliata d’acciaio della Germania nazionalsocialista assumeva (faticosamente) i connotati del cobelligerante degli Alleati. E ancora l’occupazione tedesca, l’esplosione di una violenza incontrollata e incontrollabile, la nascita della vendicativa e radicale RSI, il plurale fenomeno partigiano.

18 maggio soldati inglesi

Nel Mezzogiorno si aggiornava settimana dopo settimana il novero dei progressi compiuti dalle forze anglo-americane. Risalita che in un sol colpo mise in discussione le precarie conquiste dell’Asse e che diede i natali al debole Regno del Sud, con i suoi altrettanto controversi vertici, il re Vittorio Emanuele III e il capo di governo Pietro Badoglio. In tal contesto, risaltava il fattore civile. Vera vittima del conflitto, la popolazione, illusa di poter sfuggire alla guerra voluta, cercata ed ottenuta dal ventennale regime, dovette fare i conti con lo stragismo indiscriminato dei neri e con i bombardamenti alleati, così come con la fame, gli abusi, le malattie e la devastazione.

18 maggio Linea Gustav

Passarono pochi mesi prima che i combattimenti si attestassero su una tratta semi-artificiale che tagliava orizzontalmente lo stivale, dal Tirreno all’Adriatico, a cavallo delle vette appenniniche, e che aveva per centro, non geometrico ma strategico, Cassino. Era per l’appunto la Linea Gustav. Proprio nel frusinate, a Cassino e dintorni, infuriò una battaglia che a fasi alterne durò dal 19 gennaio al 18 maggio del 1944. Lo scontro per la presa del cuore geografico della penisola vide contrapposte l’intera 10.Armee, sotto il comando del feldmaresciallo Kesselring, contro 240.000 uomini provenienti da tutto il mondo, 1.900 carri armati e oltre 4.000 velivoli.

18 maggio generale Kesselring

Delle quattro fasi, le prime tre non fruttarono chissà quanto al comando alleato. L’ultima invece sì. Questa andò in scena dall’11 al 18 maggio. Alla fine fu il II Corpo Polacco, facente capo al generale Władysław Albert Anders, a issare la propria bandiera sulle rovine di Montecassino. Gli Alleati ce l’avevano fatta, ma a che prezzo? Al costo di perdite pari a 55.000, fra morti, feriti e dispersi. Al prezzo della distruzione materiale di tutto il circondario di Cassino, della dipartita di innocenti, che se non finivano impiccati per mano tedesca, dovevano temere le bombe sganciate da cacciabombardieri anglo-americani. Poi s’impose (anche se per poco tempo) la questione dell’Abbazia di Montecassino, la demolizione della quale fu giudicata come l’azione più controversa dell’intero conflitto.

18 maggio soldati tedeschi con mitragliatrice

Demolizione causata ancora una volta dagli esplosivi alleati piovuti dall’alto. Violazione del “sacro recinto” dentro il quale i comandanti tedeschi se ne stavano, consapevoli della ritrosia alleata nell’attaccare un simbolo così importante. Consapevolezza che, si sa, andò dissolvendosi istantaneamente. Ma il bombardamento di Montecassino si trasformò in un pericoloso volano per i vari H. Maitland Wilson, Harold Alexander, Mark Clark e Oliver Leese, comandanti in carica delle forze Alleate in Italia. L’efficacia militare dell’azione si rivelò quantomeno contestabile. La propaganda nazionalsocialista – col concorso di quella repubblichina – ebbe gioco facile nell’accusare gli anglo-americani di essere nemici della cristianità.

Il risvolto scandalistico durò quel che durò. Il 6 giugno 1944 gli occhi del mondo guardarono a nord e di Cassino si smise del tutto o quasi di parlare. Comunque con la presa di Cassino del 18 maggio e lo sfondamento della Linea Gustav, si sferrò un colpo importantissimo all’accanita difesa tedesca: sempre in giugno Roma s’apprestava ad essere liberata.

18 maggio bombardamento alleato Cassino

Mentre per quanto riguarda l’abbazia, naturalmente si dovette attendere il secondo dopoguerra per la ricostruzione. Sotto la supervisione dell’abate Ildefonso Rea, gli operai ricomposero l’antico splendore dell’edificio altomedievale, emblema della cristianità italiana ed europea. Nel 1964 Papa Paolo VI consacrò finalmente il monastero benedettino, riaperto a vent’anni di distanza dagli orrori della guerra. Una guerra come mai nessun’altra, che la città di Cassino, medaglia d’oro al valor militare, vide svolgersi “nel nome della libertà e della civiltà contro l’oppressione e la tirannide“.