Storia Che Passione

100 anni fa moriva Lenin, leader bolscevico e fondatore dell’URSS

Vladimir Il’ic Ul’janov (questo era il suo vero nome) nacque il 22 aprile 1870 a Simbirsk, ribattezzata poi in suo onore Ul’janovsk, allora parte dell’Impero Russo. Proveniva da un’agiata famiglia borghese: il padre era un’ispettore scolastico. Si mostrò brillante nello studio sin da bambino e infatti conseguì nel 1891 la laurea in giurisprudenza. Politicamente, si avvicinò presto alla sinistra radicale. La sua gioventù fu segnata dalla morte del fratello maggiore Aleksandr, condannato a morte nel 1887 con l’accusa di aver tentato di uccidere lo zar, Alessandro III. Questo tragico evento convinse il giovane Lenin dell’erroneità della pratica terroristica perseguita da alcune frange rivoluzionarie, i cosiddetti “narodniki” (in italiano “populisti”).

Fu in questo periodò che maturò la sua adesione al marxismo. Grazie all’amicizia con Georgij Plechanov, considerato da molti l’apripista delle tesi di Marx in Russia, si dedicò all’organizzazione di gruppi rivoluzionari di ispirazione marxista. A causa delle sue attività politiche, vietate dal regime zarista, subì una reclusione in Siberia di ben tre anni. Proprio la situazione di clandestinità lo indusse ad adottare lo pseudonimo con cui sarebbe passato alla storia.

Costretto dunque all’esilio, nel 1900 raggiunse Plechanov a Zurigo con il quale fondò il periodico Iskra (“scintilla”), con lo scopo di diffondere il marxismo in Russia. Parallelamente, si dedicò alla strutturazione del Partito Operaio Socialdemocratico Russo. Tuttavia, ben presto sorsero dissapori interni alla neonata formazione politica circa l’organizzazione che essa avrebbe dovuto assumere. Il gruppo maggioritario, guidato da Lenin, riteneva necessario che i membri del partito fossero “rivoluzionari di professione”, ossia che si dedicassero esclusivamente all’attività di preparazione materiale della rivoluzione. Al Congresso di Londra del 1903 si perfezionò la scissione fra bolscevichi (maggioritari) di Lenin e i menscevichi (minoritari), capeggiati da Julij Martov.

Lenin visse in esilio per tutto il decennio successivo. Perciò assistette dalla Svizzera ai principali eventi che coinvolsero il suo Paese. Dal coinvolgimento nel 1914 nella Prima Guerra Mondiale contro gli Imperi Centrali, allo scoppio tre anni dopo della Rivoluzione di Febbraio, che comportò l’abdicazione dello zar e la proclamazione di una repubblica liberale. A seguito di ciò, Lenin si mise subito al lavoro per pianificare il ritorno in patria, che avvenne nell’aprile 1917. Non appena giunse a Pietrogrado, una nutrita folla accorse alla stazione ad accoglierlo. Dinnanzi a loro, pronunciò le celebri “Tesi di aprile“, vero e proprio manifesto politico del partito bolscevico. I punti fondamentali consistevano nella redistribuzione delle terre ai contadini, nel conferimento di tutto il potere ai soviet (i consigli operai e contadini) e nella fine della guerra.

Fu soprattutto tale velleità pacifista a riscuotere i maggiori successi in una Russia prostrata dalla guerra e assai delusa dalla decisione di non fermare le armi presa dal governo provvisorio figlio della Rivoluzione di febbraio. I tempi erano dunque maturi per passare all’azione. Nella notte fra il 6 e il 7 novembre 1917 (24-25 ottobre secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia) i bolscevichi assaltarono il Palazzo d’Inverno, sede del governo, assumendo il potere. Nasceva quindi la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, governata da un “Consiglio dei commissari del popolo”, la cui presidenza fu assunta da Lenin. Il nuovo gruppo dirigente diede immediatamente concretezza a quanto enunciato nelle Tesi di aprile.

Le trattative con le Potenze Centrali condussero, però, ad una pace molto dura per la Russia, con notevoli mutilazioni territoriali. La situazione interna al Paese era inoltre alquanto drammatica. A questo si aggiunse poi l’astio delle potenze capitaliste, terrorizzate dalla possibilità di espansione del comunismo fuori dalla Russia. Costoro quindi sobillarono alla rivolta tutte le forze antibolsceviche, inviando anche corpi militari a loro sostegno. Divampava dunque la guerra civile russa. Ma l’Armata Rossa riuscì a prevalere sulle milizie antirivoluzionarie e a riconquistare anche parte dei territori persi con la pace del 1918. Vinta la guerra civile, Lenin poteva dunque dare corpo al suo capolavoro politico. Il 30 dicembre 1922, infatti, dall’associazione di Russia, Ucraina, Bielorussia e Transcaucasia (comprendente Georgia, Armenia e Azerbaijan) nasceva l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Lenin ne assunse la carica di presidente del consiglio dei commissari del popolo.

Dopo il fallimento delle collettivizzazione nell’ambito del comunismo di guerra, nel marzo 1921 Lenin instituì, allo scopo di risollevare la depressa situazione economica, la Nuova Politica Economica, che consentiva una minima liberalizzazione del mercato agricolo. Tuttavia, egli non riuscì a vederne a pieno gli effetti. Nel maggio 1922 lo colpì un ictus, a cui seguì un secondo nel dicembre dello stesso anno, che lo paralizzarono: già nel marzo 1923 non era più in grado di parlare. Le sue condizioni ai aggravarono sempre più, fino alla morte, giunta il 21 gennaio 1924. La salma fu imbalsamata ed esposta al pubblico all’interno del mausoleo a lui dedicato situato sulla Piazza Rossa a Mosca.