Forse non lo sapevate, ma in quel lunghissimo arco cronologico che convenzionalmente chiamiamo Medioevo era possibile che si percepisse una cometa come un terribile presagio, una portatrice astrale di sventure. Scegliete voi quali: guerre, pestilenze, carestie, illustri dipartite. Accadeva quindi che alla vista di un corpo celeste di questo genere, le persone sprofondassero nel panico e le autorità ecclesiastiche prendessero delle misure precauzionali per “tutelare” la Christianitas dalla sciagura. Ora, senza cadere nella più banale delle generalizzazioni – c’erano anche persone che al passaggio di una cometa alzavano le spalle e proseguivano nell’ordinarietà della loro vita – è bene anche sottolineare come da questo specifico ambito di superstizione si sviluppò una leggenda popolare alquanto simpatica. Quella per cui un papa del XV secolo arrivò a scomunicare una cometa, e non una qualunque.

Nel giugno del 1456 la cometa di Halley compì il suo ventitreesimo passaggio noto al perielio. La sua coda splendente nel cielo notturno fu visibile in tutta Europa. Ad esempio la notò benissimo Johannes Müller da Königsberg. Sarebbe il matematico e astronomo tedesco che la storia conosce col suo nome latinizzato, ossia Regiomontanus, per noi Regiomontano (1436-1476). Egli ne tracciò accuratamente orbita, ascensione retta e posizioni angolari reciproche dei vari pianeti giorno per giorno. Grazie al suo lavoro, conosciamo i dettagli di quel passaggio.
Come Regiomontano, la notarono tanti altri in in quell’Europa metà quattrocentesca. A differenza dell’astronomo, essi interpretarono il fenomeno come un monito divino, o ancora peggio, come un castigo universale. Facile crederlo con il senno del poi: a distanza di un mese dal passaggio della cometa di Halley, a Belgrado (all’epoca Regno di Ungheria) andò in scena uno degli assedi più importanti fra quelli tardomedievali. Dopo la presa di Costantinopoli nel 1453, gli ottomani di Mehmet II stavano sfruttando lo slancio dell’impresa per estendere le proprie mire sui Balcani e, caduti quest’ultimi, chissà dove altro ancora.

Il sultano – che si fregiò del titolo Qaysar-ı Rum, ovvero Cesare dei Romani – vide nella fortezza di Belgrado la porta d’accesso per il resto del continente. Prima però bisognava conquistarla. Così si spiega l’assedio di Belgrado del 4-22 luglio 1456. Volete che in questo clima così teso, qualcuno non associasse la cometa alla dilagante avanzata musulmana? Sciocchi…

Alcuni eruditi fecero il collegamento successivamente, arrivando ad affermare cose forti. E non per forza suddette affermazioni uscirono dalla bocca di intellettuali di quell’epoca. Ancora alle soglie della contemporaneità, un uomo di scienza del calibro di Pierre Simon Laplace (1749-1827) scrisse che secoli prima, papa Callisto III, vedendo la cometa, ordinasse preghiere pubbliche, processioni e rintocchi di campane per implorare Dio. Addirittura si disse che il Santo Padre, profondamente allarmato dalla situazione, interpretò il fenomeno astronomico come un segno del male. Dunque meritevole della scomunica.

Storici moderni sostengono che non ci siano prove dell’esistenza di una bolla pontificia volta a scomunicare il corpo celeste. Forse la leggenda è nata dalla confusione scaturita dall’incombere dei turchi e dalle raccomandazioni – leggermente allarmanti, quello va detto – della Santa Sede. Per intenderci: Callisto III fu quel papa che chiese pubblicamente ai fedeli di prepararsi al giudizio universale, poiché secondo lui imminente.




