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Si chiama Wādī al-Salām, si trova in Iraq ed è il cimitero più grande del mondo

Si chiama Wādī al-Salām, si trova in Iraq ed è il cimitero più grande del mondo

Bastano le sole immagini per lasciarsi catturare dall’immensità di Wādī al-Salām, letteralmente la Valle della Pace, il cimitero più grande al mondo. Dopo l’ovvio impatto visivo, ci si pone sempre la seguente domanda: ma quanto è grande davvero? Beh, i numeri ci sono, ma non rendono giustizia – a mio parere – all’entità e al valore di questo luogo sacro all’Islam, e più nello specifico alla sua componente sciita. L’area monumentale non è solo uno spazio in cui tumulare i morti. Per la sua intrinseca naturale spirituale, è un luogo di raccoglimento, ma anche di martirio, un simbolo profondo della memoria religiosa. Situato nei pressi della città santa di Najaf, in Iraq, questo immenso cimitero si estende su oltre 6 chilometri quadrati. Ospita al suo interno milioni di tombe, alcune delle quali risalgono al lontano VII secolo.

Si chiama Wādī al-Salām, si trova in Iraq ed è il cimitero più grande del mondo

Il cimitero di Wādī al-Salām è storia allo stato puro. Trascende l’immagine che offre di sé ad uno spettatore incolto, che magari vede pietre e mausolei dove invece resiste la memoria degli antenati e la consapevolezza – mai perduta – di trovarsi nel posto desiderato, per l’eternità.

La storia del cimitero è strettamente legata alla figura di ʿAlī ibn Abī Ṭālib. Cugino e genero del profeta Maometto, considerato dagli sciiti come il primo imam legittimo, ʿAlī è sepolto proprio a Najaf, in Iraq. Là sorge il meraviglioso e celebre santuario dorato che custodisce la sua tomba. Passatemi il confronto (non me ne vogliano gli amici sunniti) ma è come se Najaf fosse “La Mecca dello Sciismo”. Nella speranza di non aver bestemmiato, procediamo con il lato storico del cimitero, il quale merita molto più di un veloce richiamo.

Secondo la tradizione, fu proprio ʿAlī a indicare la valle di Wādī al-Salām come luogo benedetto. Un posto dove le anime dei fedeli si radunano nell’attesa del Giorno del Giudizio. Alcune tradizioni profetiche sciite riportano che ʿAlī avrebbe detto che le anime dei credenti non muoiono mai del tutto. Esse continuano a vivere in quella valle spirituale, immersi nella misericordia di Dio.

Wādī al-Salām Najaf, Iraq

Per questa ragione, già in epoca altomedievale, famiglie provenienti da tutto il mondo islamico sciita (dalla Persia, dal Levante, persino dal subcontinente indiano e dall’Asia centrale) cominciarono a seppellire i propri cari a Wādī al-Salām, a volte trasportando i corpi per migliaia di chilometri fino alla meta. La credenza era (e resta ancora oggi!) che essere sepolti in quel suolo garantisca intercessione divina e faciliti l’accesso al paradiso.

Quel che sappiamo è che documenti d’epoca partica (III sec. a.C. – III sec. d.C.) e successivamente sasanide (III-VII sec. d.C.) rivelano la presenza di antiche sepolture nell’area di Najaf. Si crede dunque che i musulmani non fecero altro che dare seguito alla tradizione cimiteriale del posto. Nel corso dei secoli, numerosi marjaʿ , perciò dotti religiosi sciiti, nelle vesti di studiosi, poeti e personaggi della cultura islamica sciita, sono stati sepolti qui. Sepolture che hanno fatto del luogo una specie di pantheon della spiritualità e dell’intelletto sciita.

Wādī al-Salām interno cimitero più grande del mondo

Nei decenni recenti, la Valle della Pace ha vissuto momenti difficili. Durante le guerre del Golfo, l’invasione americana del 2003 e gli scontri tra le milizie irachene a Najaf nel 2004, il cimitero divenne spesso scenario di combattimenti, persino teatro di esecuzioni e sepolture segrete. Eppure, ha continuato a crescere, e ogni anno si aggiungono decine di migliaia di nuove tombe.

Anche di fronte al caos della storia, Wādī al-Salām ha mantenuto il suo carattere sacro e intoccabile, un rifugio simbolico per chi cerca pace, giustizia e memoria. È uno dei rari luoghi al mondo in cui morte, fede e cultura si intrecciano in modo così profondo, dove ogni pietra, ogni tomba, racconta una pagina di storia collettiva. Peccato non se ne parli…