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Se il film “I Goonies” fosse ispirato a un reale naufragio?

Visto che il film I Goonies (The Goonies) compie 40 anni, sfruttiamo l’occasione per approfondire un aspetto poco noto dell’opera. Ah, se non lo avete ancora visto (male male), dovete assolutamente rimettervi in pari. Anche perché si vocifera che Steven Spielberg possa essersi ispirato a un naufragio realmente accaduto per raccontare la storia di questo gruppetto di amici che scappa dai criminali, risolve indovinelli misteriosi, schiva trappole e trova il galeone perduto di Willy l’Orbo con annesso tesoro. Il tutto nascosto sotto la cittadina costiera di Astoria, nell’Oregon.

Il vero naufragio dietro la pellicola “I Goonies”

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Crediti foto: @Screenshot dal film

Ovviamente, se fosse vero, Steven Spielberg si sarebbe solo liberamente ispirato al reale naufragio di un vero galeone avvenuto nell’Oceano Pacifico molto tempo fa. Ma partiamo all’inizio. Astoria è una cittadina realmente esistente. Fra l’altro è il più antico insediamento americano a ovest delle Montagne Rocciose. Fondata nel 1811, da tempo in zona si raccontavano leggende in merito a un naufragio.

Gli stessi indigeni trovavano da generazioni strani manufatti, come pezzi di cera d’api, travi di legno e porcellane cinesi. Reperti un po’ insoliti da trovare lungo la costa dell’Oregon. Una prima fonte è quella relativa al registro di un commerciante di pellicce che, nel 1813, sosteneva che alcuni membri della tribù Clatsop si fossero recati ad Astoria per commerciare dei blocchi di cera. A detta loro tali blocchi arrivavano da una grande nave naufragata parecchio tempo prima.

Visto che il ritrovamento di questi manufatti continuò ad andare avanti per anni, ad Astoria si cominciò a parlare del “relitto di cera d’api”. Possibile che Spielberg avesse letto un articolo in merito e da qui fosse nata l’ispirazione per I Goonies. Anche se il regista non ha mai confermato tale ipotesi.

Comunque sia, una traccia di verità in questa storia c’era. Ed era anche documentata. Dalla metà del XVI secolo e sino all’inizio del XIX secolo, infatti, enormi galeoni spagnoli effettuavano annualmente viaggi da Manila, nelle Filippine, fino ad Acapulco, nel Messico. Ogni nave era stracolma di porcellane, spezie e grandi blocchi di cera d’api.

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Crediti foto: @Richardmouser, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Le api mellifere, infatti, non erano native delle Americhe e la Chiesa cattolica stabilitasi qui insisteva sul fatto che le candele usate nelle messe dovessero essere fatte solo di cera d’api. Queste navi dovevano attraversare tutto l’Oceano Pacifico settentrionale e viaggiare poi lungo la costa occidentale. Una volta giunte a destinazioni, scaricavano il carico, imbarcavano l’argento e tornavano a Manila.

Solitamente il viaggio procedeva senza intoppi. Ma si sa che due navi non arrivarono mai ad Acapulco. Una era la Santo Cristo de Burgos, scomparsa durante la navigazione nel 1693. L’altra, invece, scomparve nel 1705.

I ricercatori, centinaia di anni dopo, hanno così iniziato a mettere insieme i puntini. Secondo loro l’unica causa che avrebbe permesso di ritrovare la cera d’api e parti del carico così lontano dall’entroterra era uno tsunami. In effetti, nel 1700, ci fu il terribile terremoto e tsunami della Cascadia, ampiamente documentato sia nella storia giapponese che nelle tradizioni orali indigene.

Si parla di onde alte fino a 23 metri che travolsero interi villaggi. Inoltre rimodellarono del tutto la costa del Pacifico nord-occidentale. Proprio la data dello tsunami indica che la fonte di quei manufatti era il Santo Cristo de Burgos. O meglio: la nave scomparve nel 1693, dunque lo tsunami non ne causò il naufragio. Non si sa cosa abbia affondato il galeone, forse delle violente tempeste, ma sono ipotesi. Anche se alcuni racconti orali degli indigeni indicano che ebbero dei contatti con i sopravvissuti, i quali rimasero con i nativi per mesi prima di essere uccisi perché i “bianchi” crearono problemi di natura “coniugale”.

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Crediti foto: @John Brighenti from Rockville, MD, United States, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Quello che si ipotizza è che lo tsunami abbia trascinato parti del relitto e del carico nell’entroterra. Venendo in epoca più moderna, ecco che nel 2022 un pescatore locale annunciò di aver trovato dei grossi pezzi di legno nascosti in una grotta marina accessibile solo durante una marea molto bassa. La grotta si trovava vicino a dove da generazioni cera d’api e frammenti di porcellana erano portati a riva.

La datazione al radiocarbonio e le analisi hanno confermato che il legno era compatibile con quello usato all’epoca dei galeoni spagnoli costruiti nelle Filippine. Ma ulteriori analisi sono ancora in corso.