Tra il 24 e il 27 agosto del 1944, sulle splendide Alpi Apuane, precisamente nel piccolo borgo di Vinca, avvenne un eccidio. L’Eccidio di Vinca è uno di quegli eventi che non hanno gande fama ma che, purtroppo, si ricordano sempre con enorme amarezza. Chiaramente siamo nel contesto della Guerra Mondiale, negli ultimi periodi, e a Vinca fu commesso un crimine contro l’umanità. Uno dei tanti, purtroppo, del periodo.

In altra sede vi raccontammo di Nimis e di un altro eccidio operato dagli uomini del Reich tedesco. Nella vicenda di oggi c’entrano invece anche le truppe italiana e la zona geografica è leggermente differente. Vinca si trova in provincia di Massa-Carrara, in Toscana, dove il 18 agosto, a seguito di un imboscata dei Partigiani, morì un ufficiale tedesco.
Non era tanto la morte di un uomo a fare paura. In guerra la morte è all’ordine del giorno, una triste e immonda abitudine. A spaventare gli Obergruppenführer era l’organizzazione sempre più fitta e capillare di una rete di resistenza fissa nell’ex paese alleato. Sei giorni bastarono per mettere d’accordo gli alti comandi tedeschi. Il 24 agosto arrivarono in 1500, a bordo di oltre 50 automezzi, e con un cannone pronto.

Iniziarono subito i rastrellamenti nei numerosi borghi del territorio delle Alpi Apuane. Un paese, Monzone, addirittura crollò al suolo con un incendio violentissimo. Arrivate a Vinca, le truppe italo-tedesche trovarono poche persone. Consci dei numerosi eccidi, soprattutto di quello di qualche giorno prima a Sant’Anna di Stazzema, gli abitanti del borgo scapparono. Trovarono rifugio nelle Alpi Apuane, luogo montuoso eccelso per nascondersi e organizzarsi.
I vecchi e i bambini però, insieme a coloro che per un motivo o per un altro non riuscirono o non vollero fuggire, morirono. Quel giorno stesso, sul posto. Ma il peggio non giungeva ancora, la situazione diverrà presto orrorifica. Il giorno seguente, il 25 agosto, si aggiunsero all’operazione anche altre 2 compagnie di militari. Iniziava la caccia all’uomo nei boschi e nei borghi vicini. Allora ancora rastrellamenti e fucilazioni sommarie, oltre che bambini usati come tiri al bersaglio e donne impalate.

Alfierina Marchi, una donna della zona, morì con in grembo il suo feto. Venne sventrata e il “bambino” le fu posto in braccio. Scene raccapriccianti, incommentabili. Gli abitanti che il terzo giorno tornarono a Vinca in cerca di viveri o per dare degna sepoltura ad un’indegna morte dei loro cari, caddero vittime di una terza ondata di violenze. Su circa 1600 rastrellati, le vittime accertate furono 173: alcuni senza vestiti, altri impalati, altri senza testa. Una brutalità inaudita e inaccettabile di una pagina di storia di guerra da non dimenticare mai.