Vichinghi, fiero popolo di combattenti, navigatori, conquistatori… e insospettabili amanti degli animali. Perché effettivamente non ci si pensa mai, ma i Vichinghi avevano con gli animali uno stretto rapporto spirituale. A spiegarcelo è Hanne Lovise Aannestad, archeologa e ricercatrice presso il Museo di storia culturale di Oslo.
I Vichinghi e gli animali

In un’intervista pubblicata da Science Norway, Aannestad ha spiegato che i Vichinghi credevano nella metamorfosi. In entrambi i sensi: per i Vichinghi gli umani potevano assumere forma animale e gli animali forma umana. Questo suggerisce un modo di vedere dove gli uomini non credono di dominare gli animali, ma dove uomini e animali condividono caratteristiche, punti di forza e anima.
In effetti, nella mitologia norrena, lo stesso Odino ha queste capacità. Ma alcuni manufatti dell’età del Ferro dimostrano che tale modo di concepire gli animali era precedente all’era Vichinga. Ciò indica che un tempo esisteva un legame unico fra umani e animali, concezione che si è poi radicata nella cultura scandinava.
Ma quali erano gli animali più importanti per i Vichinghi? Beh, lo capiamo dalle opere d’arte nelle quali raffiguravano gli “animali del potere”. Solitamente erano animali selvatici come lupi, orsi, cinghiali, aquile e falchi. Senza dimenticare, però, serpenti e creature mitologiche come i draghi. Pensiamo, per esempio, al serpente di Midgard e al lupo Fenrir.

Tornando a Odino, la mitologia norrena ci racconta che era in grado di mutare forma in serpenti, pesci e uccelli. E che dire di Loki? Tuttavia la metamorfosi non era appannaggio degli dei. Anche gli esseri umani potevano essere influenzati da alcune caratteristiche animali, cosa che contribuiva a donare loro potere e intuizione. Sempre secondo le credenze norrene, erano cinque gli animali capaci di influenzare gli esseri umani:
- rapaci: fornivano una vista acuta e maggior consapevolezza
- lupi: donavano ai guerriere la sete di battaglia
- cinghiali: donavano coraggio
- orsi: conferivano forza
- serpenti: simboleggiavano l’unità del mondo
All’epoca i Vichinghi credevano che le persone avessero degli spiriti guardiani personali chiamati fylgje, i quali fornivano guida e forza. Chi invocava il proprio fylgje poteva usarne le capacità e le caratteristiche. Per esempio un berserker era un guerriero che si trasformava in un orso o ne usava le capacità (quindi forza e invincibilità).
Ma i Vichinghi tenevano in grande considerazione anche animali “normali” come mucche, cavalli e cani. Spesso si facevano seppellire insieme ai loro animali. In molte sepolture gli archeologi hanno ritrovato scheletri di animali. Si pensa che o rappresentassero un mezzo di trasporto verso l’aldilà o un qualcosa che potesse aiutare i defunti dopo la morte.

Asbjørn Engevik, ricercatore e direttore del Dipartimento di Storia Culturale dell’Università di Bergen, ha poi ricordato che le raffigurazioni di animali anche a livello artistico e decorativo, aumentarono tantissimo durante il periodo delle migrazioni, fra il 400 e il 500. Armi, gioielli, ossa e legno: tantissimi manufatti presentavano incisioni di animali. E fra essi spiccavano i draghi e i serpenti, come accade nella nave di Oseberg. Anzi: qui erano presenti sia raffigurazioni di animali fantastici che figure ibride, un mix fra esseri umani e animali.
Tuttavia la convinzione dei Vichinghi secondo la quale gli animali erano parte integrante dell’anima umana cambiò radicalmente con l’arrivo del Cristianesimo in Norvegia, intorno all’anno 1000. Con la diffusione del Cristianesimo, secondo la quale gli esseri umani avevano “dominino” sugli animali (lo dice il primo libro di Mosè nella Bibbia), ecco che il concetto che gli esseri umani e gli animali fossero eguali sul pianto spirituale svanì nel nulla. Gli animali divennero così sottomessi all’uomo, considerati solo per la loro utilità o anche come avversari. Il che lascia un po’ di amaro in bocca.