Storia Che Passione
László Tóth

Foto del giorno: László Tóth deturpa la Pietà del Michelangelo

Fotografia di anonimo, Basilica di San Pietro, Città del Vaticano, 21 maggio 1972. In quel 21 maggio del 1972 , il geologo László Tóth entrò nella Basilica di San Pietro e gridando “Cristo è risorto! Io sono il Cristo!”, si adoperò nel deturpare con un martello la Pietà del Michelangelo. Salvo poi essere bloccato e arrestato, ma non incriminato.

László Tóth si scaglia contro la Pietà del Michelangelo

László Tóth

Sono due gli scatti che immortalano questa vicenda. In uno vediamo László Tóth che sale a lato della statua e con un martello da geologo inizia a colpirla. Nell’altra, invece, lo vediamo bloccato da un’allievo vigile del fuoco, aiutato poi dai sorveglianti che lo trascinarono via per evitare il linciaggio da parte della folla di turisti che si trovava in visita alla Basilica.

Ma chi era László Tóth? Nato a Pilisvörösvár, in Ungheria, il 1 luglio 1938, si trasferì con la famiglia in Australia nel 1965, ottenendo la cittadinanza australiana e vivendo a Sydney. Nonostante fosse un geologo, il suo titolo di studio non era riconosciuto in Australia. Motivo per cui dovette diventare un operaio.

Il 22 luglio 1971 arrivò in Italia. Qui, a Roma, alloggiò prima nell’Ostello della gioventù nel Foro Italico e poi nel dormitorio delle suore spagnole nel quartiere Gianicolese. In estate andò a San Pietro, chiedendo con insistenza e veemenza di poter vedere il pontefice, all’epoca Papa Paolo VI.

László Tóth Pietà

László Tóth sosteneva di essere Gesù Cristo. Ovviamente fu subito bloccato dalle forze di sicurezza vaticane, che lo rispedirono a quelle italiane in modo che lo rimpatriassero. Tecnicamente parlando, pare che fosse schedato come “persona indesiderabile”. Ma in qualche modo riuscì a non farsi rimpatriare perché rimase imperterrito in Italia per altri dieci mesi prima di compiere il suo atto vandalico.

Arriviamo così al giorno in cui furono scattate queste foto. László Tóth entrò a San Pietro la mattina del 21 maggio 1972. Erano le ore 11.30 e senza che nessuno pensasse di fermarlo, scavalcò tranquillamente la balaustra che separava i visitatori dalla scultura della Pietà del Michelangelo. Considerate che all’epoca la statua non era protetta da vetri antiproiettile.

I giornali dell’epoca riportarono che era vestito con una giacca blu pesante, un impermeabile e che indossava una camicia rossa. Aveva i capelli lunghi e una corta barbetta bionda. Non solo ebbe il tempo di scavalcare la balaustra, ma riuscì anche a togliersi la giacca prima di impugnare un martello da geologo e iniziare a colpire volto e braccia della Madonna (non toccando però la figura del Cristo).

Mentre colpiva ripetutamente la statua, urlava in italiano “Cristo è risorto! Io sono il Cristo!”. Sotto lo sguardo attonito della folla scioccata, continuava a martellare la statua. Questo almeno fino a quando Marco Andrea Ottaggio, allievo ventenne genovese dei Vigili del Fuoco, non riuscì a bloccarlo. Intervennero poi finalmente anche i sorveglianti, i quali aiutarono Ottaggio a portare via il vandalo. Anche perché la folla, inferocita, voleva linciarlo.

László Tóth

Durante gli interrogatori che seguirono il suo arresto, pare che non riuscisse a capire una sola parola di italiano, nonostante durante l’atto vandalico avesse parlato in italiano. Alcune fonti sostennero poi che ripeteva frasi sconnesse, continuando a insistere sul fatto che lui era Gesù Cristo. Anzi: si chiedeva perché lì ci fosse quella statua, visto che lui era il Cristo reincarnato, vivo e vegeto. E chiedeva di distruggere tutte le statue che lo raffiguravano.

Mario Appignani, un attivista, andò a parlare con l’ungherese, rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Nel libro Un ragazzo all’inferno, Appignani rivelava che l’ungherese parlava di un atto di protesta: secondo lui non bisognava adorare le statue. E Appignani lo ricordava come un uomo complesso e brillante. Certo, era un esaltato e aveva un “chiodo fisso”, ma era comunque in grado di fare delle osservazioni molto acute e vivaci. Non sembrava essere un pazzo.

Tuttavia, nonostante l’atto vandalico, László Tóth non fu incriminato. Questo perché lo trasferirono dal carcere al manicomio. Qui rimase due anni, prima di essere rimpatriato in Australia. In seguito di lui non si seppe nulla, se non che si trasferì dalla sua casa in Australia nella casa di riposo di Strathfield, nel Nuovo Galles del Sud. Qui vi rimase fino all’11 settembre 2012, quando morì.

E la Pietà del Michelangelo? Beh, dopo l’atto vandalico la restaurarono e da allora, insieme all’altare su cui è collocata, è finalmente protetta da un vetro antiproiettile.