Fotografia di Victor Zagumyonnov, penisola di Yamal, Siberia nord-occidentale, URSS, 1979. Nomadi allevatori di renne posano con i loro volti severi, vestiti nei tipici abiti in pelliccia, in “silenziosa resistenza visiva” contro l’avanzata dell’industrializzazione. L’immagine di Zagumyonnov, partecipante al concorso World Press Photo del 1980, è di un’intensità spaventosa. Intuire il perché non è complicato. È il limpido racconto di una transizione inevitabile: quella delle popolazioni native dell’Artico sovietico, in bilico tra tradizione ancestrale e modernizzazione forzata.

Grazie al gesto (ribelle; poi vedremo perché) di Victor Zagumyonnov, abbiamo modo di affacciarci sul contesto storico-culturale, oltre che geografico ed etnografico della penisola di Yamal, luogo in cui nel ’79 Zagumyonnov realizzò il suo particolare servizio fotografico. La penisola di Yamal, che si estende nel circolo polare artico russo, è da secoli la terra natale dei Nenet – che l’ambiente accademico italiano chiama anche Nanezi o Nenci. Sono pastori nomadi e allevatori di renne che seguono cicli stagionali millenari, muovendosi attraverso la tundra ghiacciata in tende tradizionali e trainando slitte. La loro vita è profondamente interconnessa con la natura, i ritmi della migrazione delle renne, il clima e le tradizioni sciamaniche.
Tutto molto bello, ma perché Zagumyonnov, fotoreporter russo fedele al regime sovietico di Mosca, si ritrovò in quell’angolo remoto di mondo, nella tundra di Baydaratskaya ad essere precisi e concisi, per scattare fotografie? La risposta è molto semplice in realtà. L’Unione Sovietica aveva ingaggiato lui – e molti altri, allo stesso modo – per documentare i progressi tecnici e industriali registrati nell’area siberiana grazie all’impegno del governo comunista sovietico.

A partire dagli anni ’60 e in modo ancor più accelerato nei ’70, perciò sotto il segretariato generale di Brežnev, Mosca avviò una vasta campagna di sfruttamento delle risorse naturali artiche. Impulso che riguardò essenzialmente il petrolio, il gas naturale e i minerali rari. In termini pratici, questo processo antropico si rifletté in una massiccia costruzione di insediamenti industriali nel cuore della tundra. Ma anche nell’impiego di aviazione e logistica militare per colonizzare aree remote e, cosa che deve interessarci per la tematica odierna, nella cooptazione forzata delle popolazioni native in attività produttive statali.
Etnie come quella dei Nenet/Nanezi, così come gli Ostiachi e i Selcupi, furono soggette a pressioni per la sedentarizzazione e per l’abbandono della pastorizia. Per non parlare della dannosa erosione culturale posta in essere tramite restrizioni sulle lingue locali, le pratiche sciamaniche e le religioni ancestrali.

Senza montare dal nulla inutili discorsi retorici, possiamo dire come Victor Zagumyonnov si trovasse nella baia di Baydaratskaya nel 1979 per assolvere ad una necessità dichiaratamente propagandistica. E in quel quadro così rigido e prefigurato, il fotoreporter decise di andare contro le regole. Ribellandosi alle direttive dell’amministrazione sovietica, scattò una serie di fotografie ad un gruppo di Nenet nel loro abbigliamento tradizionale. Atto fuori dagli schermi, probabilmente giustificato da una personale curiosità antropologica – chi può dirlo? – visibilmente scollegata dal progetto modernizzatore sovietico.
I volti degli uomini sono cupi, segnati, e fieri al contempo. Essi sembrano scrutare il visitatore con sospetto o rassegnazione. Dietro di loro si intravedono le tradizionali tende coniche. Lo sfondo aperto e spoglio rafforza la dimensione atemporale e remota della scena.

La foto fu inviata al World Press Photo senza il consenso delle autorità sovietiche, che probabilmente l’avrebbero censurata. Non sorprende che, nonostante il suo valore artistico, fu ignorata dalla giuria sovietica. Troppo distante dalla narrazione ufficiale del progresso. Volete sapere qual è la parte ironica della vicenda? Malgrado il distacco dei giudici russi, lo scatto vinse comunque il suo meritato premio per la categoria “notizie generali”.