Probabilmente l’equivalente dei dentisti moderni all’epoca dei Tudor aveva l’agenda sempre impegnata. Con tutto quello zucchero che circolava a corte, i denti neri e marci si sprecavano. Tuttavia è innegabile che i Tudor e gli inglesi, in qualche modo, cercassero di prendersi cura della loro dentatura. Con risultati, però, alquanto scarsi.
Dentisti e Tudor: un affare d’oro

Perché durante il periodo dei Tudor c’era così grande abbondanza di zucchero e dolciumi? Beh, era una sorta di status symbol all’epoca. Nel XVI secolo, infatti, lo zucchero era una merce costosa importata dai territori britannici nei Caraibi. Il che vuol dire che era un prodotto ad esclusivo appannaggio della ricca aristocrazia.
Lo stesso re Enrico VIII, quello delle sei mogli, aveva una sua pasticceria privata presso l’Hamtpon Court Palace. Inoltre, le decorazioni sfarzose delle sculture di zucchero e dei piatti dei banchetti erano un indice della ricchezza e grandezza del sovrano.
Tuttavia, col passare del tempo, lo zucchero divenne sempre più accessibile anche alle classi meno agiate. Così orde di massaie londinesi cercarono di emulare i ricchi e dolci piatti dell’aristocrazie. I libri di ricette dell’epoca incoraggiavano la diffusione di piatti a base di zucchero per il popolo.
Tutto questo zucchero, però, non faceva proprio benissimo alla salute (anche se all’epoca non potevano saperlo). In aggiunta in quel periodo ci furono svariate epidemie e malattie che funestarono la popolazione.

Certo, c’erano pur sempre dei rimedi da adottare. La medicina Tudor, per esempio, usava tantissimi rimedi erboristici, fra cui lavanda e salvia, utili per alleviare fastidiosi disturbi ricorrenti come il mal di stomaco e il mal di testa. La maggior parte delle donne Tudor sapevano preparare tali rimedi.
E indovinate quale ingrediente iniziarono ad aggiungervi? Proprio così, lo zucchero. Questo perché si pensava che aiutasse i disturbi digestivi. Per contro, la frutta all’epoca era alquanto bistrattata in quanto considerata più difficile da digerire. Peccato che sappiamo che questa carenza di frutta nella dieta dell’aristocrazia contribuì a causare patologie come la gotta. Fra l’altro lo stesso Enrico VIII soffriva di gotta.
Ma non pensiate che all’epoca non si pensasse all’igiene dentale. Le classi più povere erano solite usare il carbone per sbiancare i denti. Inoltre utilizzavano anche stuzzicadenti di legno o penne d’oca per rimuovere i residui di cibo. Per togliere la placca, invece, strofinavano dei panni sui denti.
Tuttavia gli scavi archeologici hanno dimostrato un dato interessante. La tendenza alla carie non era universale. Prima dell’impennata del consumo di zucchero, infatti, le dentature di Anna Bolena, la madre di Elisabetta I e seconda moglie di Enrico VIII e quella di Maria Tudor, la sorella del re, erano praticamente perfette.
Poi però arrivò la moda dello zucchero che portò con sé, inevitabilmente, un’orda di denti neri, cariati e marci. Che però divennero quasi un segno di bellezza. Una delle persone maggiormente dipendenti dallo zucchero di quel periodo fu proprio Elisabetta I. Un visitatore tedesco, Paul Hentzner, la descrisse come una donna dal “viso oblungo, chiaro, ma rugoso; gli occhi piccoli, ma neri e gradevoli; il naso un po’ adunco: i denti neri (un difetto di cui gli inglesi sembrano soffrire a causa del loro grande consumo di zucchero); portava dentiere”.

Insomma, i denti neri della regina facevano tendenza e alcune persone cercano di farli marcire di proposito in modo da assomigliarle. Nonostante questo, sappiamo che Elisabetta I cercava di prendersi cura dei denti. Anche se forse la cura era peggiore della malattia: strofinava miele e pasta di zucchero sui denti e gengive usando un panno.
Arrivata a 50 anni, molti dei denti della regina erano ormai rovinati, scoloriti. Anzi, ne aveva persi diversi. Ma non era la sola, tanto che le dentiere erano una pratica comune. Così come comune era il lavoro di dentisti e medici nell’estrarre denti cariati. Anche se non erano solo medici coloro che estraevano i denti: i marinai inglesi lo facevano da sé, senza usare antidolorifici.