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mosaici pagani

Cosa ci fanno dei mosaici pagani in antiche sinagoghe in Israele?

Gli archeologi si stanno arrovellando il cervello: perché ci sono dei mosaici pagani in queste antiche sinagoghe israeliane? Che significato avevano? A cosa servivano? La straordinaria scoperta di questo pavimento a mosaico è avvenuta all’interno di una sinagoga del V secolo trovata in un villaggio della Galilea, a soli 12,5 chilometri a nord-ovest di Tiberiade. Fra le scene incriminate c’è anche quella di un elefante corazzato, immagine alquanto insolita in una zona dove tendenzialmente non si trovano i pachidermi.

Mosaici pagani in sinagoghe israeliane?

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Crediti foto: @Jim Haberman

Il sito, noto come Huqoq, ha regalato grandi soddisfazioni al team di archeologi guidati dalla professoressa Jodi Magness dell’Università della Carolina del Nord. Il progetto di scavo (2011-2023) ha portato alla luce il pavimento di una sinagoga decorato con mosaici dai ricchi dettagli. Tali mosaici raffigurano scene sia bibliche che non bibliche.

Alcune scene sono tipiche e ben riconoscibili. C’è Sansone che trasporta le porte di Gaza, Giona inghiottito dai pesci e spie israelite che trasportano un enorme grappolo d’uva proveniente da Canaan. E fin qui ci siamo: sono scene tratte dalla Bibbia abbastanza note. Tuttavia ci sono altri mosaici con soggetti alquanto sorprendenti.

Per esempio, un mosaico raffigura una ruota zodiacale completa e Helios, il dio del sole greco-romano. Un altro, invece, è quello dell’enigmatico elefante. Magness ha ipotizzato che l’elefante potrebbe riferirsi a un incontro leggendario avvenuto fra Alessandro Magno e un sommo sacerdote ebreo. Oppure potrebbe anche simboleggiare un’alleanza militare fra Giovanni Ircano e i Seleucidi.

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Crediti foto: @Hanay/ CC BY-SA 3.0

Comunque sia è strano trovare soggetti pagani in una sinagoga risalente a un’epoca che si considerava dominata dall’aniconismo, cioè dalla tendenza a rifiutare l’uso di immagini o icone per rappresentare divinità o creature del mondo naturale o sovrannaturale.

I resti delle sinagoghe sparse un po’ in tutta la Terra Santa raccontano una storia alquanto diversa. Le dimensioni e la loro fattura non indicano un declino avvenuto a seguito della dominazione romana, bensì sembra quasi che queste comunità ebraiche sopravvissero e prosperarono sotto il dominio romano (e poi cristiano).

Inoltre i mosaici dimostrano che non nascosero assolutamente le loro credenze o pratiche. Il che è un po’ strano: il Secondo Comandamento tecnicamente parlando vietava tali raffigurazioni visive.

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Crediti foto: @Zxc0505 / CC BY-SA 4.0

Molto probabilmente all’epoca gli Ebrei adottarono un approccio più flessibile, influenzati anche dal fatto che, a parte Gerusalemme, le città romane erano sature di arte figurativa. Quindi divennero più permissivi, soprattutto quando le immagini servivano a scopi narrativi o simbolici. In effetti, anche Rabban Gamliel, capo del Sinedrio dopo la distruzione del Secondo Tempio, accettò le rappresentazioni figurative, ma a patto che non fossero usate per il culto degli idoli. Insomma, quando si trattava di arte, l’indulgenza era concessa nelle sinagoghe israeliane.