La diffusione della bevanda del caffè in Italia incontrò diversi ostacoli. Principalmente a causa della sua origine. Era infatti una preparazione tipica dell’Oriente musulmano. A utilizzare questa bevanda scura erano le persone di fede islamica, che se ne servivano nella pratica quotidiana così come durante la preghiera. Intervenne allora papa Clemente VIII che contro ogni aspettativa impose la liberalizzazione del suo consumo.

La bevanda in questione sembrerebbe essere in circolazione da almeno il IX secolo. A scoprire le proprietà dei chicchi di caffe sarebbero stati proprio dei pastori di fede islamica, e ben presto impararono a coltivarla. Le comunità musulmane integrarono il caffè nella loro routine quotidiana, decretandone una veloce diffusione anche nel mondo cristiano.
Il caffè entrò nella penisola tramite il porto di Venezia. Esistono in realtà altre storie circa la diffusione della coltivazione e l’uso del caffè. Alcune versioni attesterebbero che le prime coltivazioni della pianta in Italia sarebbero da attribuirsi agli allievi di Prospero Alpini dell’Università di Padova. Alpini, medico e botanico, incluse nell’opera, il De plantis Aegypti, anche questa pianta.

Il caffè, detto anche bevanda del diavolo, arrivò nelle mani di papa Clemente VIII. Secondo le storie, il clero si sarebbe rivolto a lui avanzando una richiesta: quella di bandire o proibirne il consumo. Ma il pontefice disattese la richiesta dei religiosi così tanto preoccupati dell’effetto che quella sostanza esercitava sui fedeli. Capace di disinibire anche gli animi più placidi.
Leggenda vuole che Clemente VIII si fece servire una tazza di caffè: gli piacque così tanto la bevanda del diavolo che non se la sentì di bandirla. Non trovando anzi giusto che a godere di un tale piacere fossero solo gli infedeli decise di liberalizzarne il consumo. Come fare a imbrogliare il diavolo però? Come rendere sicuro per un cristiano bere una simile mistura?

La risposta in questo caso è semplice: battezzandola. Ingannato così il diavolo, i cristiani poterono non privarsi di questo piacere senza preoccuparsi di incorrere in alcun peccato.




