Bona di Savoia divenne duchessa consorte di Milano e per pochi anni, in seguito alla morte del marito, reggente in nome del figlio che ancora aveva nove anni. La duchessa non era considerata una donna abile in politica, poco acuta secondo le descrizioni che ne fa Filippo di Comiens. L’incapacità di interpretare gli accadimenti politici di Bona segnò il cammino e l’ascesa di Ludovico il Moro.

Bona era l’undicesima figlia di Ludovico di Savoia e rimase ben presto orfana di madre. Dati i legami che il ducato paterno strinse con la ben più potente monarchia francese, Bona crebbe alla corte di Luigi XI. Una delle sue sorelle finì in moglie al delfino, per poter fortificare le interdipendenze tra la Savoia e la Francia.
Un altro Stato italiano partecipò alla costruzione di quell’area di influenze francesi: Milano. Il duca di allora conscio della pericolosità della monarchia transalpina cercò di intessere rapporti proficui con la corte francese. L’espressione di questo intento si ebbe con la proposta del duca al sovrano, di destinare in sposa Bona a Galeazzo Maria Sforza.

Le trattative si rivelarono più lunghe del previsto, erano molti del resto gli impedimenti da superare e le divergenze da pacificare. Considerando non solo gli impegni militari di Galeazzo Maria, ma l’inimicizia tra Savoia e Sforza, questa alleanza si rivelò ostica da procurare al casato francese. Il 12 maggio 1468 Bona e Galeazzo Maria si sposarono per procura, incontrandosi poco tempo dopo a Novi, per dirigersi insieme agli sponsali. Divenuta duchessa di Milano, Bona si tenne lontano dagli affari politici, interessandosi solo della crescita dei figli e di mantenere una certa distensione tra gli Sforza e i Savoia. Si diffusero però le storie circa la reciproca infedeltà.
Rimase vedova nel 1476, e si provvide a far si che ricevesse la nomina di reggente in nome del figlio che aveva ancora nove anni quando ereditò il titolo. Posizione che le venne contestata dai cognati ma per fortuna Bona poté servirsi di un’abile politico come Cicco Simonetta. Ma i fratelli del defunto duca non si arresero e attaccarono la città grazie a un esercito allestito anche grazie a Sanseverino. Dopo la morte di Sforza Maria, Bona si persuase a riappacificarsi con Ludovico il Moro, condannando a morte Simonetta.

Le vicende amorose della duchessa reggente si intrecciarono fittamente agli stravolgimenti politici della corte, tanto che dovette firmare la rinuncia alla stessa reggenza del figlio. Bona espresse il desiderio di tornare in Francia, nei luoghi della sua giovinezza. Il trattamento che il Moro le riservò fece indignare il casato dei Savoia e lo stesso Luigi XI. Bona relegata ad Abbiategrasso patrocinò diversi complotti contro il cognato che teneva in pungo il giovane figlio, e poté fuggire in Francia solo con la discesa di Carlo VIII in Italia.




