Con in mano un dizionario norvegese-italiano, scopriamo che il termine “Bamse” si utilizza solitamente per indicare con affetto un “orsacchiotto”. Chi decise di battezzare con questo nome il protagonista a quattro zampe della vicenda di cui vi sto per rendere partecipi, ebbe un vero e proprio lampo di genio. Bamse poteva effettivamente apparire come un cucciolo di orso. Ma il gigantesco e bonario San Bernardo, nato nel 1937, si trasformò in qualcosa di molto più grande. Il cane è ancora oggi un simbolo vivente di coraggio e libertà, valori espressi durante il tragico scenario della Seconda guerra mondiale.

Acquistato a Oslo dal capitano Erling Hafto, comandante del cacciatore di balene Thorodd, Bamse conobbe fin da cucciolo la vita di bordo. Era sì un cane di compagnia, ma il suo ruolo all’interno dell’equipaggio andava ben oltre la semplice vicinanza. Ad esempio, sappiamo come, una volta scesi a terra, il cagnolone fosse solito prendersi cura dei bambini dei marinai. Già allora mostrava un’indole protettiva e gentile. Qualità che sarebbero tornate comode.
Con l’inizio del conflitto, il Thorodd venne arruolato nella Marina reale norvegese come nave pattugliatrice. Bamse, che di quella nave ne era l’anima, non restò di certo fuori dai giochi. Per lui l’arruolamento giunse il 9 febbraio 1940; con tanto di matricola. Dopo l’invasione tedesca, la nave si salvò e fuggì in Scozia, stabilendosi tra Montrose e Dundee.
In battaglia, Bamse saliva sulla torretta anteriore della nave, con un elmetto appositamente costruito per lui, quasi a voler condividere i rischi con i compagni. Ma dei suoi atti più memorabili si ha contezza, poiché ebbero luogo all’infuori di ipotetiche battaglie. Il San Bernardo salvò un ufficiale dalla violenza di un uomo armato di coltello. Sventò l’aggressione (di cui non sono riuscito a ricostruire la causa) spingendo l’assalitore in mare. Altro gesto importante fu quello di riportare a riva un marinaio caduto in acqua. E poi tutti lo ricordarono per un motivo in particolare: sedava le risse tra compagni, alzandosi sulle zampe e poggiandole sulle spalle degli uomini finché non si calmavano.

Il suo senso del dovere arrivava al punto di radunare l’equipaggio per riportarlo puntuale a bordo. Per questo prendeva da solo l’autobus locale. Capito? Prendeva un bus appositamente per cercare gli amici di una vita e riportarli all’ordine! Con un abbonamento legato al collare, scendeva alla fermata davanti al Bodega Bar (Dundee, Scozia), locale preferito dai marinai. Entrava a cercarli e, se non li trovava, tornava da solo verso la nave.
Insomma, non ci vuole un genio per capire come Bamse fosse molto più di una mascotte di facciata. Bisogna sottolineare come il San Bernardo fu il volto stesso delle Forze norvegesi libere, tanto da comparire su cartoline patriottiche pasquali e natalizie. La PDSA (People’s Dispensary for Sick Animals, un ente caritatevole veterinario britannico) lo proclamò mascotte ufficiale delle Forze Alleate.
Il 22 luglio 1944, colpito da un infarto sul molo di Montrose, Bamse morì improvvisamente. Le forze armate, le autorità britanniche e i marinai norvegesi gli tributarono onori militari solenni. In centinaia – fra cui tantissimi civili – parteciparono al suo funerale. La sua tomba, a Montrose, è ancora oggi curata con affetto.

Nel dopoguerra, la memoria di Bamse non si spense. Nel 1984 ricevette postumo l’Ordine norvegese dei cani, e nel 2006 la prestigiosa Medaglia d’Oro PDSA, il massimo riconoscimento per gli animali in servizio. Statue a lui dedicate furono erette a Montrose e a Honningsvåg, orientate l’una verso l’altra come a mantenere un legame ideale tra Scozia e Norvegia. Nel 2016, persino una foresta commemorativa fu piantata in Cumbria (Inghilterra nord-occidentale) in suo onore.
Oggi Bamse vive ancora nel ricordo di due popoli: in Scozia, che lo accolse come un amico e un eroe, e in Norvegia, che lo considera parte della propria resistenza. La sua storia ci ricorda che anche un cane può diventare un simbolo di speranza e libertà in tempi oscuri.