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Il bassorilievo illusorio del Tempio di Airavatesvara: perché è unico al mondo?

Il bassorilievo illusorio del Tempio di Airavatesvara: perché è unico al mondo?

Tra i capolavori dell’arte indiana medievale c’è un piccolo enigma scolpito nella pietra, un gioco ottico che ancora oggi sorprende studiosi e visitatori. Si trova nel Tempio di Airavatesvara, a Darasuram, nello stato del Tamil Nadu, ed è considerato uno dei più antichi esempi conosciuti di illusione ottica creata dall’uomo.

Il bassorilievo illusorio del Tempio di Airavatesvara: perché è unico al mondo?

Prima di tutto, cerchiamo di capire di che cosa si tratta. Allora, il bassorilievo, realizzato oltre 850 anni fa, raffigura un animale ambiguo. Utilizzo questo aggettivo poiché, come si evince dall’immagine, ci sono due corpi, ma una sola testa.

Osservandolo da una prospettiva, si tratta chiaramente di un elefante; cambiando punto di vista, appare invece un toro. Insomma, è una figura bifronte che richiama, per immediatezza, le celebri immagini equivoche e eludenti della cultura occidentale, come l’anatra-coniglio nata dall’idea dello psicologo statunitense Joseph Jastrow o la vecchietta-giovane donna.

Tempio di Airavatesvara ingresso

Quest’ultima ebbe gran risalto nel 1915, quando il fumettista britannico William Ely Hill la rese pubblica in uno dei suoi lavori. Ma qui, la pietra scolpita diventa un medium che mette alla prova la percezione visiva e il rapporto fra sguardo e immaginazione.

Il Tempio di Airavatesvara è un fulgido esempio di architettura dravidica, edificato nel XII secolo sotto la dinastia Chola. Oggi è riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità UNESCO, e rappresenta uno dei vertici del classicismo templare indù. In origine il complesso era molto più vasto. Comprendeva sette strade processionali (sapta veedhis) e sette cortili, di cui rimane oggi soltanto il nucleo principale. Le ragioni della distruzione di gran parte della struttura restano avvolte nel mistero.

Tempio di Airavatesvara India

Il bassorilievo dell’elefante-toro non è soltanto un vezzo ornamentale. Non cado in errore se la definisco come una testimonianza di un pensiero visivo raffinato, capace di giocare con l’ambiguità e con la polisemia delle forme. In questo senso, rappresenta un ponte ideale fra arte e scienza, fra simbolismo religioso e percezione ottica, aprendo una finestra sull’immaginazione degli artigiani che, più di otto secoli fa, seppero trasformare un blocco di pietra in un rebus senza tempo.