Fotografia di Uliano Lucas, Milano, Italia, 1968. Un immigrato sardo, trasferitosi a Milano in cerca di lavoro, posa di fronte il Grattacielo Pirelli, da tutti conosciuto però come il Pirellone. Il ritratto fotografico che Uliano Lucas offre ci parla di una Milano che cresce, che si espande, che capitalizza sugli introiti del miracolo economico, una stagione ancora enfatica in quel momento, ma destinata ad un brusco intoppo di lì a qualche anno. Il 1968 poi non è un anno come gli altri, e Lucas, fotografando un uomo che dalla povera isola sarda trasla se stesso e la sua famiglia in una nuova, dinamicissima, moderna realtà, è conscio del peso sociale che il suo scatto tende a figurare.

Siamo nella Milano di fine anni ’60, una città che più di ogni altra in Italia incarna il sogno e le contraddizioni dello sviluppo industriale. In quegli anni, milioni di italiani, soprattutto dal Sud e dalle isole, migrano verso le grandi città del Nord per cercare lavoro nelle fabbriche, nelle officine, nei cantieri. Questo flusso, che ha segnato la storia sociale del Paese, genera un vero e proprio mutamento demografico, oltre che urbanistico e culturale. Interi quartieri si trasformano per accogliere i nuovi arrivati, e con essi sorgono tensioni, difficoltà di integrazione ma anche nuove tipologie di identità.
Il protagonista dello scatto è un immigrato sardo, colto nell’atto di portare con sé due oggetti simbolici: una valigia e uno scatolone. Sono i segni concreti del viaggio, del distacco dalla propria terra, delle speranze e delle necessità che si portano addosso coloro che lasciano casa in cerca di un futuro migliore. Sullo sfondo, domina il Pirellone, progettato da Gio Ponti e simbolo indiscusso della modernità settentrionale. Con i suoi 127 metri, rappresentava non solo un primato architettonico, ma anche una dichiarazione di fiducia nel progresso. Come a voler disegnare un’Italia che vuole mostrarsi forte, capace di competere con le metropoli europee.

Il contrasto tra l’uomo con i suoi bagagli e la verticalità monumentale del Pirellone mette in scena, teatralmente direi, la condizione dell’emigrato. Lui, piccolo e vulnerabile, di fronte alla vastità della città moderna. Ma l’uomo che dalla Sardegna raggiunge il cuore economico dell’Italia, è al contempo parte integrante del suo slancio. In fondo, senza quell’immigrazione di massa, il miracolo economico italiano non avrebbe potuto realizzarsi.
Uliano Lucas è un autore d’eccezione, fotoreporter come pochi altri, testimone di una società che è cambiata tantissimo in quell’epoca. Essendo tale, lo scatto va analizzato anche per il suo lato artistico. E allora emerge tutta la sua spontaneità, con un taglio prospettico verticale e accentuato. Si notino le rotaie del tram, le quali conducono lo sguardo dal basso verso l’alto, incanalando la figura dell’uomo fino a farla confluire nel colosso architettonico che incombe dietro di lui. Una scelta che rafforza il senso di sproporzione tra individuo e città.

Classico bianco e nero che contribuisce a intensificare i contrasti. L’immagine acquista così una forza quasi metafisica, dove non è solo la realtà quotidiana a emergere, ma un simbolo universale. L’uomo non guarda direttamente in camera, ma avanza, in posizione centrale, quasi fosse un eroe silenzioso di una contemporaneità che si serve di lui per esistere, per concretizzarsi, per evolvere. Infine s’impone il peso fisico dell’emigrazione, ma anche quello esistenziale, condensato in un gesto semplice e potentissimo.
Giusto concludere con le parole dello stesso Lucas, che successivamente dell’opera dirà: «È una fotografia che ha rappresentato e oggi rappresenta l’emigrazione perché è molto semplice, il Grattacielo è Gio Ponti, il Grattacielo è la Pirelli, il Grattacielo era il miracolo economico, il Grattacielo è Milano. I primi ricordi sono praticamente della costruzione, sono i ricordi di qualsiasi milanese che passava e rimaneva estasiato per l’altezza».