Almanacco del 20 giugno, anno 1180: all’età di 77 anni commette seppuku e muore il samurai Minamoto no Yorimasa, una delle figure centrali della storia medievale giapponese. Visse una vita densa di avvenimenti, ma fu il trapasso a consacrarlo fra i grandi nomi della storia del Sol Levante. La data del 20 giungo 1180 è per certi versi leggendaria da quelle parti: a seguito del suicidio di Yorimasa scoppiò la guerra Genpei, un aspro conflitto fra i potenti clan Minamoto e Taira. La guerra si concluse cinque anni dopo e vide il Giappone feudale mutare sensibilmente fisionomia, poiché si passò da un sistema di potere retto dai cosiddetti “aristocratici cortigiani” ad un altro, ben più riconoscibile, fondato sulle brame della casta dei samurai. Con le dovute precauzioni, si può dire che Yorimasa fu il motore di quel cambiamento epocale.

Minamoto no Yorimasa nacque attorno al 1104, in seno al potente clan Minamoto. Quest’ultimo, assieme agli acerrimi rivali Taira, dominava la scena politica e militare nipponica. Nonostante appartenesse a una stirpe guerriera, nella prima parte della sua vita Yorimasa fu più un uomo di lettere che un uomo d’armi. Si distinse infatti come eccelso poeta e fine letterato, guadagnandosi il rispetto della corte imperiale di Kyoto. Non si sa moltissimo sulla giovinezza dell’aristocratico, se non che grazie all’influenza del padre riuscì a costruirsi una certa fama a corte, ottenendo incarichi amministrativi di un certo prestigio.
Eppure dobbiamo immaginare quest’epoca, nel pieno del XII secolo, come un periodo di profondo cambiamento socio-culturale per il Giappone. L’ordine politico tradizionale del periodo Heian (794–1185), fondato sull’equilibrio tra corte imperiale e grandi famiglie aristocratiche, stava venendo meno.
L’ascesa dei clan Minamoto e Taira aveva portato a due brevi guerre civili: una prima, passata alla storia come ribellione Hōgen (1156); e poi una seconda, ossia la ribellione Heiji (1160). Conflitti intestini dopo i quali il clan Taira poté considerarsi preminente rispetto a tutti gli altri.

Yorimasa, però, cercò di non farsi coinvolgere troppo da questi scontri. È vero, era pur sempre un Minamoto, ma sfruttò a dovere le sue conoscenze a corte per non finire sul banco degli imputati, rischiando così la carriera oltre che la vita. Egli allora non poteva saperlo, ma questo suo attendismo si tradusse in un semplice “posticipare” l’effettiva partecipazione alla lotta per il potere. Il momento giunse intorno al 1180. Minamoto no Yorimasa era già un uomo anziano quando una nuova crisi dinastica offrì l’occasione per un’insurrezione.
Causa della crisi dinastica fu la sfrenata ambizione del capo clan Taira, Taira no Kiyomori, il quale costrinse l’imperatore all’abdicazione così da favorire l’ascesa al trono imperiale di un suo nipote, poco più che neonato. Il gesto suscitò forti opposizioni da parte di numerose famiglie aristocratiche e militari. Fu in questo contesto che Yorimasa, sebbene ormai anziano, decise di agire. La sua fazione puntò propose come legittimo erede al trono un principe della corte, figlio di un ex imperatore. Yorimasa lo convinse a lanciare un appello ai samurai per ribellarsi al dominio dei Taira. Si redasse un proclama di rivolta – uno dei primi esempi storici di appello politico diretto alle forze armate del paese – e quindi di notevole importanza nella nascita dello shogunato. L’insurrezione, però, fallì quasi immediatamente.

Data la criticità della situazione, Yorimasa e il principe tentarono la ritirata strategica, così da assemblare ulteriori forze e colpire in un miglior momento. Le truppe Taira intercettarono il gruppo ribelle all’altezza di del ponte di Uji. Infuocò dunque l’omonima battaglia. Per i ribelli di Minamoto no Yorimasa non ci fu partita. Alla fine, il 20 giugno 1180, il nobile del clan Minamoto, solo ed isolato, commise seppuku all’interno di un tempio buddhista. Secondo gli storici è uno dei primissimi casi documentati della tradizionale pratica suicida (che abbiamo trattato approfonditamente in tempi non sospetti). Prima di togliersi la vita, Yorimasa scrisse la famosissima poesia della morte, che il tempo ci ha gentilmente conservato. Essa recitava:
«Come un vecchio albero
da cui si non raccolgono i fiori
triste è stata la mia vita
destinata a non portare alcun frutto».

Ancora oggi il 20 giugno 1180, data della morte del nobile Minamoto, è ricordata per la sua essenza di evento spartiacque. Il gesto estremo segnò da una parte la fine dell’epoca Heian, dall’altra il violento inizio del conflitto tra Minamoto e Taira, la già citata guerra Genpei (1180-1185) che culminerà nella vittoria di Minamoto no Yoritomo e nell’istituzione dello shogunato Kamakura. Questo decadrà solo nel 1333. Secondo quest’ottica, Yorimasa sarebbe l’ultimo samurai-poeta dell’antico ordine. Un uomo che incarnava l’equilibrio tra cultura e spada, e la cui fine tragica anticipò il nuovo mondo della guerra feudale giapponese.